RAMSES CONSULTING NEWS INFORMATIVE – 2022
NEWS INFORMATIVE RAMSES CONSULTING
1. Credito d’imposta Sud e sisma: approvato il nuovo modello di comunicazione Le modifiche riguardano gli investimenti nelle Zone logistiche semplificate (Agenzia delle Entrate 6 giugno 2022)
2. Credito d’imposta beni strumentali: il bene distrutto non consente di ottenere l’agevolazioni per il periodo residuo
3. Superammortamento, il bene distrutto non produce lo sconto d’imposta
4. Credito d’imposta beni strumentali: la dicitura deve essere riportata anche sui documenti di trasporto, nessun obbligo per collaudo ed interconnessione
5. Credito d’imposta Sisma e Mezzogiorno – Non sono ammessi gli investimenti di mera sostituzione
6. Credito d’imposta sisma e mezzogiorno: approvato il nuovo modello da utilizzare dal prossimo 7 Giugno. Non è comunque possibile presentare domanda per gli investimenti sisma 2021
7. Bonus investimenti nel Mezzogiorno, ritoccato il modello di comunicazione
8. Credito d’imposta sud e sisma: Qualificazione di “sede operativa” quale “sede produttiva” ai fini dell’accesso al credito d’imposta
9. Credito d’imposta beni strumentali: la dicitura deve essere riportata anche sui documenti di trasporto, nessun obbligo per collaudo ed interconnessione. E’ possibile regolarizzare.
10. Credito d’imposta beni strumentali: il bene distrutto non consente di ottenere l’agevolazioni per il periodo residuo
11. Credito d’imposta R&S – Cambio esercizio sociale
12. Modifica dell’esercizio sociale: che ne è del credito per ricerca?
13. IMPRESA UNICA per il De Minimis ed il Quadro temporaneo degli aiuti
14. Riversamento spontaneo del credito R&S, provvedimento attuativo fra luci e ombre
15. Bonus riqualificazione alberghi, istanze al Turismo dal 13 giugno
16. VERSAMENTO ENTRO IL 16 GIUGNO – 13 GIUGNO 2022 ORE 06:00 – Acconto IMU 2022: quando si applicano le esenzioni per eventi sismici
17. Export in Russia e Ucraina: dal 12 luglio finanziamenti Simest per investimenti in mercati alternativi
18. Riforma fiscale: come razionalizzare le sanzioni tributa
19. Nuovo Patent box negato solo se la documentazione idonea manca o è falsa
1. Credito d’imposta Sud e sisma: approvato il nuovo modello di comunicazione Le modifiche riguardano gli investimenti nelle Zone logistiche semplificate (Agenzia delle Entrate 6 giugno 2022)
Oggetto: Definizione delle modalità di presentazione della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nelle Zone logistiche semplificate, di cui all’articolo 1, commi da 61 a 65-bis, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Modificazioni al modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia e nelle zone economiche speciali (ZES), approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017, come modificato, da ultimo, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 6 aprile 2022
LINK UTILI
- Modello – Comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia, nelle Zone Economiche Speciali (ZES) e nelle Zone Logistiche Semplificate (ZLS) – pdf
- Istruzioni per la compilazione – pdf
IL PROVVEDIMENTO RIGUARDA GLI INVESTIMENTI NELLE ZONE LOGISTICHE SEMPLIFICATE
Definizione delle modalità di presentazione della comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nelle Zone logistiche semplificate, di cui all’articolo 1, commi da 61 a 65-bis, della legge 27 dicembre 2017, n. 205. Modificazioni al modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia e nelle zone economiche speciali (ZES), approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017, come modificato, da ultimo, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 6 aprile 2022
fonte MISE
2. Credito d’imposta beni strumentali: il bene distrutto non consente di ottenere l’agevolazioni per il periodo residuo
(Agenzia delle entrate – Risposta n.317 del 31.5.2022)
Risposta n. 317/2022 DEL 31.5.2022
OGGETTO
Super ammortamento – Eliminazione del bene agevolato dal processo produttivo – Articolo 1, commi 91-94 e 97, della legge 28 dicembre 2015,n. 208 e ss.mm.ii.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La società ALFA SPA (di seguito anche “ALFA”, “Società” o “Istante”) chiede chiarimenti in merito alla fruizione del c.d. “super ammortamento”, di cui all’articolo1, commi 91-94 e 97, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e ss.mm.ii., nell’ipotesi di eliminazione del bene agevolato dal processo produttivo.
ALFA è una società con sede legale ed operativa in Italia che fa parte del Gruppo ALFA, uno dei maggiori produttori e distributori a livello internazionale di prodotti per gli operatori economici del settore … ; oggetto dell’attività dell’Istante è la distribuzione di: … .
La Società opera sul mercato italiano con due modalità di fornitura dei beni e servizi ai clienti: 1) cessione diretta tradizionale; 2) noleggio a lungo termine (c.d.”contratto xxx”).
Tale ultima modalità permette di offrire alla propria clientela un servizio chiavi in mano per la gestione completa del parco attrezzi; infatti, il ricorso a tale modalità di
vendita non solo permette all’utente di poter entrare in possesso di un parco attrezzi senza l’onere di un investimento iniziale, pagando dei canoni di noleggio mensili, maal tempo stesso assicura la scelta corretta e l’organizzazione ottimale degli attrezzi, con la relativa manutenzione e sostituzione.
In questo caso, i beni oggetto di contratto di noleggio xxx rimangono di proprietà della Società e sono trattati da quest’ultima come segue:
– dal punto di vista civilistico, sono ammortizzati secondo la durata del contratto di noleggio rappresentativa della vita economico tecnica dei beni (cfr. OIC 16, par.63);
– dal punto di vista fiscale, sono ammortizzati ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del TUIR;
– al termine del contratto di noleggio, vengono ritirati dall’Istante e, essendo concluso il loro ciclo produttivo e quindi la loro vita economico-tecnica, sono estromessi dal mercato tramite materiale distruzione, effettuata a cura dell’Istante presso il proprio sito di … ; la Società, nell’esercizio di distruzione dei beni, deduce il costo non ammortizzato ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR.
La materiale distruzione dei beni risponde ad una precisa scelta aziendale intesa ad operare in via esclusiva sul mercato dei prodotti nuovi.
La Società rappresenta che, nella sua realtà operativa, il periodo di ammortamento civilistico, che va dai 2 ai 4 anni, è sempre inferiore al periodo di ammortamento fiscale minimo calcolato applicando i coefficienti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, pari ad 8 anni, e che, quindi, le quote annue di ammortamento imputate a conto economico sono sempre superiori a quelle massime fiscalmente ammesse in deduzione.
Alla luce di tale insieme di circostanze di fatto, l’Istante, per tutti gli anni in cui ha beneficiato della disciplina del super ammortamento, ha agito come segue:
– ha dedotto extra contabilmente le quote relative alla maggiorazione applicando i coefficienti del decreto ministeriale 31 dicembre 1988 per i soli anni di utilizzo dei
cespiti nell’ambito dei contratti di noleggio anzidetti;
– ha rinunciato alla deduzione extracontabile delle quote residue della maggiorazione teoricamente fruibili in esercizi successivi alla cessazione dei contratti di noleggio, ossia dopo il termine della vita utile dei beni oggetto di locazione.
La rinuncia alla fruizione dell’agevolazione fiscale residua da parte dell’Istante è avvenuta in virtù dell’indicazione contenuta nella circolare n. 12/E dell’8 aprile 2016,paragrafo 10.6 (rectius 10.8), secondo la quale in caso di cessione o di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione (ALFA evidenzia che il chiarimento in questione è stato reso nell’ambito di un quesito relativo all’ipotesi di ammortamento civilistico di un bene inferiore all’ammortamento massimo fiscalmente ammesso).
Ciò posto, l’istanza riguarda “il corretto trattamento ai fini del super ammortamento dei beni acquistati di costo unitario inferiore ai 516,46 euro”, che successivamente sono oggetto di “un contratto di noleggio a lungo termine (c.d. xxx)insieme ad altri beni e/o servizi (tutti a marchio ALFA)” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
In particolare, il quesito formulato dalla Società riguarda la corretta portata interpretativa della menzionata indicazione contenuta nella circolare n. 12/E del 2016;più precisamente, l’Istante chiede se nel caso di specie, in cui vi è una dismissione dovuta al completamento della vita utile ed economico-tecnica del bene che si realizza al termine del contratto di noleggio, possa continuare a dedurre extra contabilmente le quote di super ammortamento anche successivamente al ritiro/distruzione del bene stesso, fino ad esaurimento.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante propone la seguente soluzione interpretativa.
La distruzione e la relativa cancellazione del cespite agevolabile dalla contabilità risponde al principio di rappresentazione veritiera e corretta dei fatti aziendali sottostanti alla redazione del bilancio ex articolo 2423 del codice civile.
Relativamente all’ipotesi in cui l’ammortamento civilistico sia superiore all’ammortamento fiscale, la circolare n. 23/E del 26 maggio 2016 (pag. 19, esempio 4)avrebbe chiarito – secondo l’Istante – la possibilità per il contribuente, alla conclusione del ciclo di vita utile civilistica del bene, di continuare a fruire della maggiorazione fino ad esaurimento della stessa.
L’esempio della circolare sarebbe analogo alla situazione dell’Istante “in quanto illustra il caso in cui il bene concluda il proprio ciclo produttivo in momento anteriore a quello previsto applicando i coefficienti tabellari previsti dal DM 31.12.88. La situazione è perfettamente coincidente con la fattispecie concreta dell’istante che in più procede alla distruzione materiale del bene in luogo del mero stoccaggio in magazzino” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
Pertanto, la Società ritiene applicabile al caso specifico l’approccio proposto nel sopramenzionato passaggio della citata circolare n. 23/E del 2016 e, quindi, ritiene di poter correttamente continuare ad operare “la rettifica extracontabile a titolo di super ammortamento fino ad esaurimento della stessa anche successivamente al ritiro/distruzione dei beni” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere viene reso sulla base delle argomentazioni esposte e degli elementi rappresentati dal contribuente, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità, completezza, concretezza ed esaustività, e non riguarda la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della spettanza del superammortamento; di conseguenza, su tale aspetto rimane impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
Si evidenzia, altresì, che la presente risposta è resa nel presupposto che, in base ai contratti di noleggio/locazione operativa stipulati, sia ALFA il soggetto che sopporta in senso proprio i rischi e fruisce, al contempo, dei benefici derivanti dall’investimento; circostanza, questa, non indagabile in sede di istanza di interpello e sulla quale resta quindi impregiudicato il potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Ciò premesso, con riferimento al quesito posto dall’Istante si osserva quanto segue.
L’istituto del super ammortamento, introdotto dall’articolo 1, commi 91-94 e 97,della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), consiste nella possibilità, per i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, di maggiorare del40% – con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing deducibili ai fini delle imposte sui redditi – il costo di acquisizione degli investimenti in “beni materiali strumentali nuovi” effettuati dal 15ottobre 2015 fino al 31 dicembre 2016.
La disciplina del super ammortamento è stata prorogata, con modifiche, dapprima dall’articolo 1, comma 8, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) e successivamente dall’articolo 1, comma 29, della legge 27 dicembre2017, n. 205 (legge di bilancio 2018); infine, è stata riproposta, con modifiche, dall’articolo 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. “decreto crescita”),convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, modificato dall’articolo 50, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
La maggiorazione in parola si concretizza in una deduzione che opera in via extracontabile e che va fruita, per quanto riguarda l’ammortamento dei beni di cui agli articoli 102 e 54 del TUIR, in base ai coefficienti stabiliti dal decreto ministeriale 31dicembre 1988, ridotti alla metà per il primo esercizio per i soggetti titolari di reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del TUIR (v. circolare n. 23/E del 26
maggio 2016 e n. 4/E del 30 marzo 2017).
Con riferimento al caso di specie, si ritiene che l’Istante non possa continuare a fruire della maggiorazione relativa al super ammortamento dopo la cessazione del rapporto contrattuale e l’eliminazione del bene dal processo produttivo.
La fattispecie prospettata nell’istanza, infatti, diverge da quella rappresentata nella circolare n. 23/E del 2016 richiamata dalla Società in quanto fa riferimento a beni che, a seguito della cessazione del rapporto contrattuale con il cliente, per una precisa strategia imprenditoriale (noleggiare/locare solo beni nuovi) vengono avviati alla distruzione e non possono più cedere le loro utilità al processo produttivo dell’impresa, analogamente a quanto succede nell’ipotesi di cessione del bene.
Pertanto, in questa sede si deve confermare il principio espresso nel paragrafo10.8 della circolare n. 12/E del 2016, secondo cui in caso di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione.
Tale conclusione è coerente con quanto precisato nella circolare n. 9/E del 23luglio 2021, relativa al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi (agevolazione che costituisce l’evoluzione del super e dell’iper ammortamento).
Ai fini della rideterminazione del credito d’imposta, nel predetto documento di prassi è stato dato rilievo alla “volontarietà” dell’atto di fuoriuscita del bene dall’azienda verificatosi nel c.d. “periodo di sorveglianza” (v. domanda “7.2 Furto del bene”); è stato precisato, infatti, che il furto del bene agevolato non costituisce causa di rideterminazione dell’agevolazione, dovendosi dare rilevanza, a tal fine, alla volontarietà della scelta del beneficiario.
In altri termini, nel caso di furto del bene oggetto di investimento la fuoriuscita del bene dal regime di impresa o dall’esercizio dell’attività di arti e professioni, proprio perché indipendente dalla volontà del beneficiario, non comporta la rideterminazione dell’agevolazione.
La fattispecie rappresentata da ALFA, invece, fa riferimento ad una situazione in cui il soggetto beneficiario dell’agevolazione estromette volontariamente (e anticipatamente rispetto al periodo di fruizione previsto) i beni agevolati dal regime d’impresa; pertanto, l’Istante, a seguito dell’eliminazione del bene dal processo produttivo, non può fruire delle quote residue non dedotte della maggiorazione relativa al super ammortamento. Firma su delega del
CAPO DIVISIONE AGGIUNTO DIRETTORE CENTRALE
ad interim Vincenzo Carbone
Delega n. 43080 del 10 febbraio 2022IL
CAPO SETTORE(firmato digitalmente)
FONTE AGENZIA DELLE ENTRATE
3. Superammortamento, il bene distrutto non produce lo sconto d’imposta
L’Agenzia precisa quale sia il corretto trattamento fiscale applicabile agli attrezzi non reinseriti nel ciclo produttivo dell’azienda allo scadere del contratto di noleggio siglato con il cliente
Con la risposta n. 317 del 31 maggio 2022, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, l’eliminazione volontaria anticipata del bene agevolato dal processo produttivo, rispetto al periodo di fruizione previsto dal regime di favore, preclude al beneficiario del trattamento fiscale di vantaggio di utilizzare le quote residue non dedotte della maggiorazione relativa al superammortamento.
Una spa, con sede legale e operativa nel nostro Paese e facente parte di un grosso gruppo, opera sul mercato italiano con due modalità di fornitura di beni e servizi ai clienti, ossia con cessione diretta tradizionale o con noleggio a lungo termine.
Tale ultima modalità permette alla società di offrire alla propria clientela un servizio chiavi in mano, per cui il cliente può entrare in possesso di un parco attrezzi senza l’onere di un investimento iniziale, pagando dei canoni di noleggio mensili. Il sistema consente, inoltre, di effettuare una scelta corretta e un’organizzazione ottimale degli attrezzi, con la relativa manutenzione e sostituzione.
In questo caso, i beni oggetto di contratto di noleggio rimangono di proprietà della spa e sono trattati da quest’ultima come segue:
- dal punto di vista civilistico, sono ammortizzati secondo la durata del contratto di noleggio rappresentativa della vita economico tecnica dei beni (cfr Oic 16, paragrafo 63)
- dal punto di vista fiscale, sono ammortizzati ai sensi dell’articolo 102, comma 2, Tuir
- al termine del contratto di noleggio, vengono ritirati dalla spa ed essendo concluso il loro ciclo produttivo e, quindi, la loro vita economico-tecnica, sono estromessi dal mercato tramite materiale distruzione, effettuata a cura della società, che, nell’esercizio di distruzione dei beni, deduce il costo non ammortizzato ai sensi dell’articolo 101, comma 5, Tuir.
La materiale distruzione dei beni risponde a una precisa scelta aziendale, intesa a operare in via esclusiva sul mercato dei prodotti nuovi.
La compagine rappresenta che, nella sua realtà operativa, il periodo di ammortamento civilistico, che va dai 2 ai 4 anni, è sempre inferiore al periodo di ammortamento fiscale minimo calcolato applicando i coefficienti previsti dal Dm 31 dicembre 1988, pari a 8 anni, e che, quindi, le quote annue di ammortamento imputate a conto economico sono sempre superiori a quelle massime fiscalmente ammesse in deduzione.
Alla luce di tale insieme di circostanze di fatto, la spa, per tutti gli anni in cui ha beneficiato della disciplina del superammortamento, ha dedotto extra contabilmente le quote relative alla maggiorazione applicando i coefficienti del Dm 31 dicembre 1988 per i soli anni di utilizzo dei cespiti nell’ambito dei contratti di noleggio anzidetti e ha rinunciato alla deduzione extracontabile delle quote residue della maggiorazione teoricamente fruibili in esercizi successivi alla cessazione dei contratti di noleggio, ossia dopo il termine della vita utile dei beni oggetto di locazione.
La rinuncia alla fruizione dell’agevolazione fiscale residua da parte della spa è avvenuta in virtù dell’indicazione contenuta nella circolare n. 12/2016, secondo la quale, in caso di cessione o di eliminazione del bene dal processo produttivo, non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione.
Ciò posto, la spa intende conoscere la corretta portata interpretativa della menzionata indicazione contenuta nella circolare menzionata e se, nel caso di specie, in cui vi è una dismissione dovuta al completamento della vita utile ed economico-tecnica del bene che si realizza al termine del contratto di noleggio, possa continuare a dedurre extracontabilmente le quote di superammortamento anche successivamente al ritiro/distruzione del bene stesso, fino a esaurimento.
La risposta dell’Agenzia
L’Agenzia premette che l’istituto del superammortamento, introdotto dall’articolo 1, commi 91-94 e 97 della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) e poi più volte prorogato e modificato, consiste nella possibilità, per i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, di maggiorare del 40% – con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing deducibili ai fini delle imposte sui redditi – il costo di acquisizione degli investimenti in “beni materiali strumentali nuovi” effettuati in un certo arco temporale.
Detta maggiorazione si concretizza in una deduzione che opera in via extracontabile e che va fruita, per quanto riguarda l’ammortamento dei beni di cui agli articoli 102 e 54 del Tuir, in base ai coefficienti stabiliti dal Dm 31 dicembre 1988, ridotti alla metà per il primo esercizio per i soggetti titolari di reddito d’impresa, ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del Tuir (cfr circolare n. 23/2016 e 4/2017).
Con riferimento al caso in esame, osserva l’Agenzia, la spa non può continuare a fruire della maggiorazione relativa al superammortamento dopo la cessazione del rapporto contrattuale e l’eliminazione del bene dal processo produttivo.
La fattispecie prospettata nell’istanza, infatti, diverge da quella rappresentata nella circolare del 2016 citata in quanto fa riferimento a beni che, a seguito della cessazione del rapporto contrattuale con il cliente, per una precisa strategia imprenditoriale (noleggiare/locare solo beni nuovi) vengono avviati alla distruzione e non possono più cedere le loro utilità al processo produttivo dell’impresa, analogamente a quanto succede nell’ipotesi di cessione del bene.
Quindi, in caso di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione.
Detta conclusione, spiega l’Agenzia, è coerente con quanto precisato nella circolare n. 9/2021, relativa al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi (agevolazione che costituisce l’evoluzione del super e dell’iper ammortamento).
Ai fini della rideterminazione del credito d’imposta, nel predetto documento di prassi è stato dato rilievo alla “volontarietà” dell’atto di fuoriuscita del bene dall’azienda verificatosi nel “periodo di sorveglianza”. È stato precisato, infatti, che il furto del bene agevolato non costituisce causa di rideterminazione dell’agevolazione, dovendosi dare rilevanza, a tal fine, alla volontarietà della scelta del beneficiario.
Di conseguenza, nel caso di furto del bene oggetto di investimento, la fuoriuscita del bene dal regime di impresa o dall’esercizio dell’attività di arti e professioni, proprio perché indipendente dalla volontà del beneficiario, non comporta la rideterminazione dell’agevolazione.
Nella vicenda in esame, invece, la spa fa riferimento a una situazione in cui il soggetto beneficiario dell’agevolazione estromette volontariamente (e anticipatamente rispetto al periodo di fruizione previsto) i beni agevolati dal regime d’impresa; pertanto, la spa, a seguito dell’eliminazione del bene dal processo produttivo, non può fruire delle quote residue non dedotte della maggiorazione relativa al super ammortamento.
FISCO OGGI
4. Credito d’imposta beni strumentali: la dicitura deve essere riportata anche sui documenti di trasporto, nessun obbligo per collaudo ed interconnessione
È possibile regolarizzare. (Agenzia delle Entrate – Risposta nr. 270 del 18.5.2022)
Risposta n. 270 del 18/05/2022
Risposta n. 270/2022
OGGETTO: Articolo 1, comma 1056, della legge n. 178 del 27 dicembre 2020. Credito
d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare si evidenzia che, a prescindere dal parere di seguito riportato,
non sono in alcun modo oggetto del presente interpello i requisiti necessari per
accedere al credito d’imposta in argomento, nelle diverse versioni pro tempore vigenti,
rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo da parte
dell’amministrazione finanziaria. Al riguardo, si precisa che la risposta al presente
interpello non comporta in nessun caso l’implicito riconoscimento della spettanza del
credito d’imposta e, in particolare, dell’ammissibilità al beneficio dell’investimento nel
bene al quale fa riferimento l’istanza.
Si rammenta che con la circolare n. 9/E del 2016 è stato ribadito che, assumendo
a riferimento la relazione illustrativa al decreto delegato n. 156 del 2015, è stata
illustrata la generale volontà del legislatore di escludere dall’area dell’interpello
“qualificatorio” tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla loro natura, alle finalità
dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate
dalla necessità di espletare attività istituzionalmente di competenza di altre
amministrazioni, enti o soggetti diversi dall’Agenzia delle Entrate che presuppongono
specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale (cd. accertamenti di tipo
tecnico cfr. ipotesi sub b), paragrafo 1.1).
Per quanto d’interesse, si segnala che la riconducibilità del bene menzionato in
istanza tra quelli ammissibili all’agevolazione di cui si tratta, nelle diverse versioni pro
tempore vigenti, rappresenterebbe una richiesta di un parere tecnico nell’accezione
sopra descritta, da ritenersi esclusa dall’area di applicazione dell’interpello, in quanto
l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale
rientranti nell’ambito operativo di altre amministrazioni. Trova, quindi, applicazione il
chiarimento di portata generale contenuto nella citata circolare n. 9/E del 2016 (cfr. circolare n. 31/E
del 2020) ed eventuali richieste in merito a tali aspetti potranno essere trasmesse dal
contribuente direttamente alla competente Direzione generale per la politica
industriale, l’innovazione e le piccole e medie imprese del Ministero per lo sviluppo
economico, restando fermo che a tal riguardo, in ogni caso, non si producono gli effetti di cui al comma 3
dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente).
Con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), all’articolo 1,
commi da 184 a 197, è stata ridefinita la disciplina degli incentivi fiscali previsti dal
Piano Nazionale Impresa 4.0, mediante l’introduzione di un credito d’imposta per gli
investimenti in beni strumentali nuovi, parametrato al costo di acquisizione degli
stessi.
Successivamente l’articolo 1, comma 1056, della legge n. 178 del 27 dicembre
2020 (legge di bilancio 2021) ha innovato la predetta disciplina come di seguito: «Alle
imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A
annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino
al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, a condizione che entro la data
del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il
pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il
credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 50 per cento del costo, per la quota di
investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 30 per cento del costo, per la
quota di investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro, e nella misura
del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e
fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di
euro».
Il comma 1062 del citato articolo 1 dispone che «Ai fini dei successivi controlli,
i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la
revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e
la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri
documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso
riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-ter».
Con riferimento al caso in esame, i dubbi rappresentati dall’istante, ai fini della
fruizione del beneficio fiscale, attengono al comma 1062 dell’articolo 1 citato e, in
particolare, alla circostanza per cui «(…) l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da
1054 a 1058-ter (…)» debba essere indicato anche nel documento di trasporto e nel
verbale di collaudo e interconnessione.
Il richiamato comma 1062 pone gli obblighi di conservazione documentale a
carico dei beneficiari dell’agevolazione in parola, ai fini dei successivi controlli. In
particolare, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare,
pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo
sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.
A tal scopo, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni
agevolati devono contenere il chiaro riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 1,
commi da 1054 a 1058-ter, della legge 27 dicembre 2020, n. 178. Va da sé che la
medesima funzione è assolta dei documenti che certificano la consegna del bene quali
PER IL VERBALE DI COLLAUDO E DI INTERCONNESSIONE NON ESISTE L’OBBLIGO DELLA DICITURA
il «documento di trasporto», per i quali resta fermo il predetto obbligo. Nel
presupposto che il «verbale di collaudo o di interconnessione» riguardino
univocamente i beni oggetto dell’investimento (cui
si riferiscono i documenti summenzionati) essendo tali documenti, per le
caratteristiche che li contraddistinguono, non attribuibili a beni diversi da quelli cui il
relativo contenuto fa riferimento, non si estende sugli stessi l’obbligo di riportare
l’espresso riferimento di cui al citato comma 1062.
E’ POSSIBILE COMUNQUE PROCEDERE ALLA REGOLARIZZAZIONE
Da ultimo, come chiarito nella risposta n. 438 del 2020, si rammenta che la
regolarizzazione dei documenti già emessi, ove dell’impresa beneficiaria entro la data
in cui sono state avviate eventuali attività di controllo.
FONTE AGENZIA DELLE ENTRATE
5. Credito d’imposta Sisma e Mezzogiorno – Non sono ammessi gli investimenti di mera sostituzione
(Agenzia delle Entrate – Risposta n.131 del 21.3.2022)
Risposta n. 131 del 21/03/2022
LINK UTILI
Risposta n. 131/2022
OGGETTO: Credito di imposta per il mezzogiorno (articolo 1, commi da 98 a 108,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208)
Parere dell’agenzia delle entrate
L’agevolazione presuppone che l’investimento abbia carattere di novità. Al riguardo, si ricorda che sono agevolabili gli investimenti – in macchinari, impianti e attrezzature varie – relativi alla creazione di un nuovo stabilimento, all’ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente e a un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente (Cfr. Circolare n. 34/E del 3 agosto 2016).
Gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020, p. 20,
precisano che le nuove attività non devono essere uguali o simili a quelle svolte
precedentemente nello stesso stabilimento e, pertanto, devono essere esclusi
dall’agevolazione gli investimenti di mera sostituzione in quanto gli stessi non possono
essere mai considerati “investimenti iniziali”.
Nel caso in esame, gli investimenti della società hanno ad oggetto l’acquisto di
componenti degli impianti quali:
· valvole di blocco;
· bruciatori a bassa emissione;
· parti di tubazione;
· sensori;
· suola dei forni;
· compressore;
· raccoglitori delle acque reflue dello stabilimento;
· analizzatore impiegato per la misurazione del contenuto di idrocarburi disciolti
nell’acqua;
· recipienti di accumulo V-390 impiegato nel processo di drenaggio.
Trattasi di componenti di impianti il cui acquisto ha come scopo la sostituzione
di parti preesistenti e che quindi, secondo quanto evidenziato, non possono essere mai
considerati “investimenti iniziali”.
Anche gli acquisti delle apparecchiature di laboratorio impiegati nel processo di
determinazione della viscosità, quelli diretti all’adeguamento tecnologico della rete
elettrica e quelli diretti all’incremento della produttività tramite l’interconnessione e
l’ammodernamento degli impianti di produzione sono volti essenzialmente
all’efficientamento, adeguamento agli standard normativi e messa in sicurezza di
processi industriali già operativi presso il sito industriale.
Gli acquisti sono dunque privi del carattere di novità in quanto non sono diretti
alla creazione di un nuovo stabilimento, né all’ampliamento della capacità di uno
stabilimento esistente, né alla diversificazione della produzione dello stabilimento per
ottenere prodotti non fabbricati precedentemente, né ad un cambiamento fondamentale
del processo produttivo.
Gli acquisti anzidetti, dunque, non rientrano nell’ambito applicativo
dell’agevolazione in questione in quanto inquadrabili come investimenti di mera
sostituzione.
Normativa comunitaria richiamata nel parere
Gli Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020, p. 20,
FONTE AGENZIA DELLE ENTRATE
6. Credito d’imposta sisma e mezzogiorno: approvato il nuovo modello da utilizzare dal prossimo 7 Giugno. Non è comunque possibile presentare domanda per gli investimenti sisma 2021 (Agenzia delle Entrate – comunicato stampa del 6/4/2022)
Credito imposta investimenti nel Mezzogiorno e Zes
Approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate il nuovo modello per presentare le comunicazioni per fruire dei crediti d’imposta investimenti nel Mezzogiorno e nelle Zone economiche speciali (Zes) per il 2022. Il modello si potrà utilizzare a partire dal prossimo 7 giugno
LINK UTILI
Provvedimento del 6 aprile 2022
Comunicato stampa del 6 aprile 2022
Credito di imposta investimenti nel Mezzogiorno e Zone economiche speciali, pronto il nuovo modello da utilizzare dal 7 giugno per fruire dei benefici 2022
Dal prossimo 7 giugno è possibile presentare le comunicazioni per fruire dei crediti d’imposta investimenti nel Mezzogiorno e nelle Zone economiche speciali (Zes) per l’anno 2022. Un provvedimento firmato oggi dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha approvato infatti il nuovo modello, che sostituirà la precedente versione a partire dal prossimo 7 giugno. Con lo stesso modello sarà possibile presentare anche le comunicazioni di rettifica e di rinuncia ai crediti d’imposta richiesti con precedenti versioni del modello.
Le novità del modello – A partire dal 7 giugno 2022, utilizzando il nuovo modello sarà possibile accedere al credito d’imposta agli investimenti nelle Zone economiche speciali (Zes) realizzati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022. L’articolo 1, comma 316, lettera c), della legge n. 160/2019 (legge di Bilancio 2020), ha esteso l’agevolazione ai beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022. Con riferimento all’anno 2022, la proroga è divenuta operativa con l’approvazione da parte della Commissione europea della Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027. Via alle spese sostenute nel 2022 anche per il credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, per il quale il nuovo modello recepisce gli aggiornamenti intervenuti con la legge n. 234/2021 (legge di Bilancio 2022). In particolare, il perimetro geografico di applicazione del credito è stato adeguato, per l’anno 2022, a quanto previsto dalla nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Come inviare le comunicazioni – La trasmissione telematica del modello di comunicazione è effettuata utilizzando la versione aggiornata del software relativo al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, denominato “Creditoinvestimentisud” (CIM17), disponibile gratuitamente sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it. La versione aggiornata del software sarà resa disponibile dal 7 giugno 2022.
Roma, 6 aprile 2022
PROVVEDIMENTO Prot. n. 107620/2022 DEL 6.4.2022
Modificazioni al modello di comunicazione per la fruizione del credito d’imposta
per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro-Italia e nelle
zone economiche speciali (ZES), approvato con provvedimento del Direttore
dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017, come modificato da ultimo con il
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 ottobre 202
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
In base alle attribuzioni conferitegli dalle norme riportate nel seguito del presente
provvedimento
Dispone
1. Modificazioni al modello di comunicazione per la fruizione del credito
d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei comuni del sisma del Centro Italia e nelle zone economiche speciali (ZES), approvato con provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017, come modificato con i
provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29 dicembre 2017, del 9
agosto 2019, 9 marzo 2021 e 27 ottobre 2021
1.1. Al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2017,
concernente l’approvazione del nuovo modello di comunicazione per la fruizione del
credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno istituito dall’articolo 1,
commi da 98 a 108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come modificato da ultimo
con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 ottobre 2021 (di
seguito “modello di comunicazione”), sono apportate le modifiche contenute nel
modello e nelle relative istruzioni, facenti parte integrante del presente
provvedimento.
1.2. Il modello di comunicazione, nella versione aggiornata che fa parte integrante
del presente provvedimento, è reso disponibile sul sito internet dell’Agenzia delle
entrate e sostituisce il precedente modello a partire dal 7 giugno 2022. A decorrere
dalla predetta data, va utilizzata la versione aggiornata del modello sia per la
fruizione dei crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno e nelle zone
economiche speciali (ZES), istituiti, rispettivamente, dall’articolo 1, commi da 98 a
108, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e dall’articolo 5 del decreto-legge 20
giugno 2017, n. 91, sia per la presentazione di comunicazioni di rettifica e di rinuncia
ai predetti crediti d’imposta richiesti con precedenti versioni del modello.
SISMA – IL MODELLO PUO’ ESSERE UTILIZZTO SOLO PER GLI INVESTIMENTI PRECEDENTI AL 2021
1.3. A decorrere dalla data di cui al punto 1.2, il modello di comunicazione non
può più essere utilizzato, con riferimento agli investimenti realizzati negli anni
precedenti il 2021, per la richiesta di fruizione del credito d’imposta per gli
investimenti nei comuni del sisma del Centro-Italia di cui all’articolo 18-quater del
decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
aprile 2017, n. 45, nonché per comunicare eventuali rettifiche o rinunce al predetto
credito d’imposta richiesto con precedenti versioni del modello.
1.4. La trasmissione telematica del modello di comunicazione è effettuata
utilizzando la versione aggiornata del software relativo al credito d’imposta per gli
investimenti nel Mezzogiorno, denominato “Creditoinvestimentisud” (CIM17),
disponibile gratuitamente sul sito internet www.agenziaentrate.it. La versione
aggiornata del software è resa disponibile dal 7 giugno 2022.
Motivazioni
L’articolo 1, comma 175, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, ha riformulato il
comma 98 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, adeguando il
perimetro geografico di applicazione del credito di imposta per gli investimenti nel
Mezzogiorno, per l’anno 2022, a quanto previsto dalla nuova Carta degli aiuti a
finalità regionale 2022-2027.
La Carta è stata approvata dalla Commissione europea con decisione C (2021)
8655 final del 2 dicembre 2021. Successivamente, con decisione della Commissione
europea C (2022) 1545 final del 18 marzo 2022, è stata integrata la Carta per definire
le zone ammissibili agli aiuti a finalità regionale agli investimenti in deroga
all’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE (c.d. zone “c”).
La modifica operata dal comma 175 riguarda, in particolare, le imprese con
strutture produttive ubicate nella regione Molise. La nuova Carta degli aiuti a finalità
regionale 2022-2027 ricomprende, infatti, la regione Molise tra le aree in deroga ai
sensi della lettera a), dell’articolo 107, paragrafo 3, del TFUE. Le zone della regione
Abruzzo, rientrano, invece, tra quelle assistite in deroga ai sensi della lettera c), del
citato articolo 107, paragrafo 3.
L’articolo 1, comma 316, lettera c), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha
esteso ai beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022 il credito d’imposta per gli
investimenti nelle ZES di cui all’articolo 5 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123. Con riferimento
all’anno 2022, la proroga disposta dal citato comma 316 è divenuta operativa a
seguito dell’approvazione da parte della Commissione europea della Carta degli aiuti
a finalità regionale 2022-2027.
Per la determinazione dei crediti d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno
e nelle ZES, resta ferma l’applicazione della misura massima consentita dalla Carta
degli aiuti a finalità regionale 2014-2020 C(2014) 6424 final del 16 settembre 2014,
come modificata dalla decisione C(2016) 5938 final del 23 settembre 2016.
SISMA – INVESTIMENTI 2021: NON PUO’ ESSERE PRESENTATA DOMANDA IN QUANTO SI RESTA IN ATTESA DELL’OK DELL’UE
L’articolo 43-ter del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, ha modificato il comma 3
dell’articolo 18-quater del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con
modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, prevedendo che a decorrere dal 1°
gennaio 2021 e fino al 31 dicembre 2021 il credito d’imposta Sisma si applica nel
rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla comunicazione della Commissione
europea C (2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante “Quadro temporaneo per le
misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID[1]19″ (Temporary Framework). L’attuazione della citata misura agevolativa per l’anno
2021 è subordinata, quindi, all’adozione da parte della Commissione europea della
decisione di compatibilità del regime di aiuti sulla base del Temporary Framework.
La misura agevolativa disciplinata dalla previgente formulazione del citato articolo
18-quater era stata autorizzata fino al 31 dicembre 2020 dalla Commissione europea
con decisione C(2018) 1661 final del 6 aprile 2018. Pertanto, a partire dal 7 giugno
2022 non è più consentito l’utilizzo del modello di comunicazione con riferimento
agli investimenti realizzati negli anni precedenti il 2021.
Al fine di dare attuazione alle disposizioni sopra riportate, consentendo ai
soggetti interessati di fruire dei crediti d’imposta per gli investimenti nel
Mezzogiorno e nelle ZES secondo il nuovo quadro normativo, si è reso necessario un
aggiornamento del modello di comunicazione attualmente utilizzato per richiedere
l’autorizzazione alla fruizione dei predetti crediti d’imposta, prevedendo nel quadro
B del modello un nuovo riquadro per l’indicazione degli investimenti realizzati dal
1° gennaio al 31 dicembre 2022.
Con il presente provvedimento sono, pertanto, disposte le modifiche al modello
di comunicazione, approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle
entrate del 14 aprile 2017, come modificato da ultimo con il provvedimento del
Direttore dell’Agenzia delle entrate del 27 ottobre 2021.
Le versioni aggiornate del modello di comunicazione e delle relative istruzioni
sono parti integranti del presente provvedimento.
La presentazione della comunicazione mediante l’utilizzo della versione
aggiornata del modello è consentita a partire dal 7 giugno 2022.
Attribuzioni del Direttore dell’Agenzia delle Entrate
Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e successive modificazioni (articolo
57; articolo 62; articolo 66; articolo 67, comma 1; articolo 68, comma 1; articolo
71, comma 3, lett. a); articolo 73, comma 4);
Statuto dell’Agenzia delle entrate (articolo 5, comma 1; articolo 6, comma 1);
Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate (articolo 2, comma
1);
Decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 2000 (Disposizioni recanti le
modalità di avvio delle agenzie fiscali).
Disciplina normativa di riferimento
Legge 28 dicembre 2015, n. 208;
Decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
aprile 2017, n. 45;
Decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
agosto 2017, n. 123;
Legge 27 dicembre 2019, n. 160;
Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge
29 luglio 2021, n. 108;
Decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233;
Legge 30 dicembre 2021, n. 234;
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 aprile 2017;
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 dicembre 2017;
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 9 agosto 2019;
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 9 marzo 2021;
Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 27 ottobre 2021.
La pubblicazione del presente provvedimento sul sito internet dell’Agenzia delle
entrate tiene luogo della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’articolo
1, comma 361, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Roma, 6 aprile 2022
IL DIRETTORE DELL’AGENZIA
Ernesto Maria Ruffini
Firmato digitalmente
FONTE AGENZIA DELLE ENTRATE
7. Bonus investimenti nel Mezzogiorno, ritoccato il modello di comunicazione
La nuova versione si adegua al quadro normativo che ha previsto, fra l’altro, l’estensione del credito d’imposta nelle Zone economiche speciali ai beni acquisiti nel 2022
Il modello per la fruizione del credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, nei Comuni del sisma del Centro Italia e nelle zone economiche speciali (Zes) accoglie un nuovo riquadro nel quadro B per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022. La versione aggiornata del modello sarà utilizzabile a partire dal 7 giugno 2022 in sostituzione di quella precedente. Con lo stesso modello sarà possibile presentare anche le comunicazioni di rettifica e di rinuncia ai crediti d’imposta richiesti con precedenti versioni. Le novità nel provvedimento del 6 aprile 2022 siglato dal direttore dell’Agenzia, Ernesto Maria Ruffini, che approva il nuovo modello di Comunicazione e le istruzioni per la compilazione.
Modificato, quindi, il precedente modello di comunicazione approvato con il provvedimento del 14 aprile 2017 e da ultimo ritoccato con il provvedimento del 27 ottobre 2021.
Il nuovo modello contiene diverse novità. La legge di bilancio 2022 (articolo 1, comma 175, legge n. 234/2021) ha ampliato il perimetro geografico di applicazione del bonus investimenti nel Mezzogiorno per l’anno 2022, alle previsioni contenute nella nuova Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027, approvata dalla Commissione europea il 2 dicembre 2021, riformulando il comma 98 dell’articolo 1 della legge n. 208/2015. Nel dettaglio il comma 175 della legge di bilancio ha incluso fra i destinatari dell’agevolazione le imprese con strutture produttive del Molise. La citata Carta degli aiuti quindi è stata integrata includendo la regione Molise fra le aree destinatarie degli aiuti. Le zone della regione Abruzzo, rientrano, invece, tra quelle assistite in deroga ai sensi della lettera c), del citato articolo 107, paragrafo 3 del Tfue.
Inoltre, l’articolo 1, comma 316, lettera c), della legge n. 160/2019 ha esteso il bonus per investimenti nelle Zone economiche speciali (articolo 5 del Dl n. 81/2017) ai beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022. Tale ampliamento è divenuto operativo con l’approvazione da parte della Commissione europea della Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027.
Infine l’articolo 43-ter del Dl n. 152/2021 ha previsto che per il 2021 il credito d’imposta Sisma si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Temporary Framework (“Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”). L’agevolazione per il 2021 è quindi subordinata alla pronuncia di compatibilità del regime sugli aiuti di Stato da parte della Commissione europea. La misura agevolativa disciplinata dalla previgente formulazione dell’articolo 18-quater del Dl n. 8/2017 era stata autorizzata fino al 31 dicembre 2020 dalla Commissione europea e, pertanto, a partire dal 7 giugno 2022 non sarà più consentito l’utilizzo del modello di comunicazione con riferimento agli investimenti realizzati negli anni precedenti il 2021. Una volta acquisita l’autorizzazione da parte della Commissione Ue il modello sarà aggiornato per consentirne l’utilizzo con riferimento agli investimenti realizzati nel 2021.
Alla luce del rinnovato quadro normativo, per consentire ai soggetti interessati di fruire del credito d’imposta in esame il provvedimento di oggi aggiorna il modello di comunicazione. La presentazione in via telematica della comunicazione mediante l’utilizzo della versione aggiornata del modello sarà consentita a partire dal 7 giugno 2022 ed è effettuata utilizzando la versione aggiornata del software relativo al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, denominato “Creditoinvestimentisud” (CIM17), disponibile gratuitamente sul sito internet dell’Agenzia.
FONTE FISCO OGGI
8. Credito d’imposta sud e sisma: Qualificazione di “sede operativa” quale “sede produttiva” ai fini dell’accesso al credito d’imposta (Risposte nr.68 e 69 del 3.2.2022)
LINK – Risposta nr.68 del 3.2.2022
LINK – Risposta nr. 69 del 3.2.2022
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta nr.68 del 3.2.2022
OGGETTO: Articolo 1, commi 98-108, della legge n. 208 del 2015 (bonus sud).
Qualificazione di “sede operativa” quale “sede produttiva” ai fini dell’accesso al credito d’imposta
….
Al riguardo, si fa presente che in base alla Circolare n. 34 del 2016, per
“struttura produttiva” deve intendersi ogni singola unità locale o stabilimento, ubicati
nei territori richiamati dal comma 98, in cui il beneficiario esercita l’attività d’impresa.
Può trattarsi, in particolare, di:
a) un autonomo ramo di azienda;
b) una autonoma diramazione territoriale dell’azienda, ovvero di una mera linea
di produzione o un reparto, pur dotato di autonomia organizzativa, purché costituisca
di per sé un centro autonomo di imputazione di costi e non rappresenti parte integrante
del processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale ovvero
nel medesimo perimetro aziendale.
Per individuare la “struttura produttiva”, pertanto, occorre valutare se le “unit
locali”, oppure le “diramazioni territoriali”, le “linee di produzione” o i “reparti” che
insistono sul territorio dello stesso comune agevolato siano o meno “parte integrante”
del medesimo processo produttivo e se costituiscano o meno un “centro autonomo di
imputazione di costi”.
…..
In conclusione, considerato che in riferimento alla suddetta “Sede Operativa
Sud” di …, la società non ha fornito sufficienti argomentazioni, né informazioni in
merito alle caratteristiche strutturali e funzionali della Sede operativa, tali che
consentissero di qualificarla, ai fini dell’accesso all’agevolazione, come “struttura
produttiva” autonoma, secondo la nozione sopra illustrata, sembra plausibile che la
stessa “Sede Operativa Sud” non svolga all’interno della compagine aziendale funzioni
autonome, quanto piuttosto svolga funzioni di coordinamento che fanno parte
integrante del medesimo “processo produttivo” – finalizzato alla fornitura dei sevizi di
telecomunicazione – svolto su scala nazionale dalla società ALFA, con sede in …, al di
fuori delle aree ammissibili.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta nr.69 del 3.2.2022
Al riguardo, occorre precisare che in base alla Circolare n. 34 del 2016, per
“struttura produttiva” deve intendersi ogni singola unità locale o stabilimento, ubicati
nei territori richiamati dal comma 98, in cui il beneficiario esercita l’attività d’impresa.
Può trattarsi, in particolare, di:
a) un autonomo ramo di azienda;
b) una autonoma diramazione territoriale dell’azienda, ovvero di una mera linea
di produzione o un reparto, pur dotato di autonomia organizzativa, purché costituisca
di per sé un centro autonomo di imputazione di costi e non rappresenti parte integrante
del processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale ovvero
nel medesimo perimetro aziendale.
Per individuare la “struttura produttiva”, pertanto, occorre valutare se le “unità
locali”, oppure le “diramazioni territoriali”, le “linee di produzione” o i “reparti” che
insistono sul territorio dello stesso comune agevolato siano o meno “parte integrante”
del medesimo processo produttivo.
Ciò posto, alla luce dei chiarimenti sopra riportati e sulla base delle precedenti
considerazioni, si ritiene che, le “Strutture Operative”, identificate con le centrali PoP
localizzate nelle regioni del Mezzogiorno, nella misura in cui svolgono solo alcune
delle funzioni che fanno parte integrante dell’intero processo di trasmissione e
ricezione dei dati che contraddistingue l’operatività dei sistemi di telecomunicazioni,
non siano, in sostanza qualificabili come “strutture produttive” autonome,
nell’accezione sopra descritta ed elaborata ai fini dell’ammissibilità al beneficio.
Peraltro, come precisato in nota nella documentazione integrativa, il termine
PoP, acronimo di “Point of Presence”, nel settore delle telecomunicazioni, individua
un “sito tecnico”, in cui è alloggiato un set di componenti hardware e software che
“rappresenta un nodo di accesso alla rete, fornito da un Internet Service Provider, in
grado di instradare il traffico agli utenti finali connessi ad esso”. Dalla stessa
definizione risulta evidente come i predetti “siti tecnici”, nella loro funzione di “nodi di
accesso alla rete” – in cui si svolge, in sostanza, solo una parte, per quanto importante,
del processo di fornitura dei servizi di telecomunicazione – non rappresentino, in base
ai chiarimenti di prassi, una “autonoma diramazione territoriale” dell’azienda, dotata di
autonomia decisionale e organizzativa, ma siano parte integrante del medesimo
“processo produttivo” espletato dai sistemi centralizzati di … e ….
Infatti, come chiarito nel sopra citato documento di prassi, per “struttura
produttiva” deve intendersi ogni singola “unità locale” o “autonomo ramo d’azienda”
dotato di autonomia decisionale come centro di costo e di profitto, oppure una “
autonoma diramazione territoriale” dell’azienda, ovvero una mera linea di
produzione, che sia dotata di “autonomia organizzativa” e costituisca di per sé un
“centro autonomo di imputazione di costi” e “non rappresenti parte integrante del
processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale”. In
sostanza, per individuare la “struttura produttiva”, è importante valutare se le eventuali
diramazioni territoriali siano o meno “parte integrante” del medesimo “processo
produttivo”.
Ciò posto, considerato che le “Strutture Operative” di ALFA localizzate nelle
regioni del Mezzogiorno svolgono, sotto il profilo tecnico, soltanto due delle quattro
funzioni principali che caratterizzano l’operatività dei sistemi di telecomunicazioni, e
tenuto conto che gli investimenti finalizzati all’ampliamento delle locali infrastrutture
sono definiti nell’interpello stesso come “indispensabili per il collegamento delle locali
centrali … all’intera infrastruttura”, si ritiene che le stesse “Strutture Operative”
facciano parte integrante del medesimo “processo produttivo” – finalizzato alla
fornitura dei sevizi di telecomunicazione – svolto dalle sedi centrali di … e …, e che, di
conseguenza, non siano qualificabili, ai fini dell’accesso all’agevolazione, come
“strutture produttive” autonome, secondo la nozione sopra illustrata.
Alle medesime conclusioni è possibile giungere anche attraverso i principi
espressi nella risoluzione n. 118/E del 22 dicembre 2016, peraltro richiamata anche
dalla società istante nell’istanza di interpello.
Con riguardo al caso d’investimento in “Totem digitali”, collocati in comodato al
di fuori della sede aziendale, presso esercizi commerciali ubicati anche al di fuori delle
zone individuate dalla disciplina agevolativa di cui al citato articolo 1, commi da 98 a
108 della legge n. 208 del 2015, nella risoluzione è stato chiarito che considerato lo
“stretto vincolo di connessione funzionale” tra Totem digitali ed elaboratori posti in
sede, l’investimento in Totem digitali contribuisce alla crescita della struttura
produttiva situata nel territorio agevolato indipendentemente dal luogo in cui gli
apparecchi terminali sono installati.
I Totem digitali, infatti, possono essere considerati come mere diramazioni della
struttura produttiva aziendale, a cui sono strettamente correlati, a prescindere dalla
presenza fisica degli stessi in azienda.
Nel caso trattato nella predetta risoluzione, l’Istante aveva la sede presso un
territorio agevolato e sussisteva una stretta connessione funzionale tra i Totem digitali
forniti in comodato e gli elaboratori posti presso la sede sociale.
Nel caso di specie, va evidenziato che, nel complesso, le “Strutture operative …”
(i.e. “Struttura Operativa Servizi rete FWA Mezzogiorno” e “Strutture Operative
Servizi Rete Fissa Mezzogiorno”) localizzate nelle aree assistite, presentano uno
“stretto vincolo di connessione funzionale” con le due “strutture produttive” centrali di
ALFA con sede in … e …, del tutto analogo a quello individuato, nel citato documento
di prassi, tra il Totem digitale e gli elaboratori posti nella struttura produttiva situata
nel territorio agevolato.
Pertanto, considerato che “il sistema centrale” (costituito dalle sedi sociali di … e
di …) che consente il funzionamento delle medesime “Strutture Operative Alfa” è
posto in un’area che non ricade nei territori agevolati, non è possibile ritenere che gli
investimenti posti in essere dalla società istante “per ampliare la propria rete ed
incrementare la velocità di connessione dei servizi resi ai propri clienti nelle aree del
Mezzogiorno” siano ammissibili all’agevolazione.
In conclusione, alla luce delle predette considerazioni, si ritiene di non poter
condividere la soluzione proposta dalla società istante poiché, nel caso di specie,
manca una delle condizioni necessarie richieste dalla norma per ritenere l’investimento
“ammissibile” all’agevolazione, vale a dire la sussistenza di “Strutture produttive”
impiantate o da impiantare nei territori delle regioni “assistite”.
FONTE AGENZIA DELLE ENTRATE
9. Credito d’imposta beni strumentali: la dicitura deve essere riportata anche sui documenti di trasporto, nessun obbligo per collaudo ed interconnessione. E’ possibile regolarizzare.
(Agenzia delle Entrate – Risposta nr. 270 del 18.5.2022)
Risposta n. 270 del 18/05/2022
Risposta n. 270/2022
OGGETTO: Articolo 1, comma 1056, della legge n. 178 del 27 dicembre 2020. Credito
d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare si evidenzia che, a prescindere dal parere di seguito riportato,
non sono in alcun modo oggetto del presente interpello i requisiti necessari per
accedere al credito d’imposta in argomento, nelle diverse versioni pro tempore vigenti,
rimanendo in merito impregiudicato ogni potere di controllo da parte
dell’amministrazione finanziaria. Al riguardo, si precisa che la risposta al presente
interpello non comporta in nessun caso l’implicito riconoscimento della spettanza del
credito d’imposta e, in particolare, dell’ammissibilità al beneficio dell’investimento nel
bene al quale fa riferimento l’istanza.
Si rammenta che con la circolare n. 9/E del 2016 è stato ribadito che, assumendo
a riferimento la relazione illustrativa al decreto delegato n. 156 del 2015, è stata
illustrata la generale volontà del legislatore di escludere dall’area dell’interpello
“qualificatorio” tutte quelle ipotesi che, coerentemente alla loro natura, alle finalità
dell’istituto ed alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, sono caratterizzate
dalla necessità di espletare attività istituzionalmente di competenza di altre
amministrazioni, enti o soggetti diversi dall’Agenzia delle Entrate che presuppongono
specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale (cd. accertamenti di tipo
tecnico cfr. ipotesi sub b), paragrafo 1.1).
Per quanto d’interesse, si segnala che la riconducibilità del bene menzionato in
istanza tra quelli ammissibili all’agevolazione di cui si tratta, nelle diverse versioni pro
tempore vigenti, rappresenterebbe una richiesta di un parere tecnico nell’accezione
sopra descritta, da ritenersi esclusa dall’area di applicazione dell’interpello, in quanto
l’istruttoria richiederebbe specifiche competenze tecniche non di carattere fiscale
rientranti nell’ambito operativo di altre amministrazioni. Trova, quindi, applicazione il
chiarimento di portata generale contenuto nella citata circolare n. 9/E del 2016 (cfr. circolare n. 31/E
del 2020) ed eventuali richieste in merito a tali aspetti potranno essere trasmesse dal
contribuente direttamente alla competente Direzione generale per la politica
industriale, l’innovazione e le piccole e medie imprese del Ministero per lo sviluppo
economico, restando fermo che a tal riguardo, in ogni caso, non si producono gli effetti di cui al comma 3
dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto del contribuente).
Con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), all’articolo 1,
commi da 184 a 197, è stata ridefinita la disciplina degli incentivi fiscali previsti dal
Piano Nazionale Impresa 4.0, mediante l’introduzione di un credito d’imposta per gli
investimenti in beni strumentali nuovi, parametrato al costo di acquisizione degli
stessi.
Successivamente l’articolo 1, comma 1056, della legge n. 178 del 27 dicembre
2020 (legge di bilancio 2021) ha innovato la predetta disciplina come di seguito: «Alle
imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi indicati nell’allegato A
annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, a decorrere dal 16 novembre 2020 e fino
al 31 dicembre 2021, ovvero entro il 30 giugno 2022, a condizione che entro la data
del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il
pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione, il
credito d’imposta è riconosciuto nella misura del 50 per cento del costo, per la quota di
investimenti fino a 2,5 milioni di euro, nella misura del 30 per cento del costo, per la
quota di investimenti superiori a 2,5 milioni e fino a 10 milioni di euro, e nella misura
del 10 per cento del costo, per la quota di investimenti superiori a 10 milioni di euro e
fino al limite massimo di costi complessivamente ammissibili pari a 20 milioni di
euro».
Il comma 1062 del citato articolo 1 dispone che «Ai fini dei successivi controlli,
i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la
revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e
la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri
documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso
riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-ter».
Con riferimento al caso in esame, i dubbi rappresentati dall’istante, ai fini della
fruizione del beneficio fiscale, attengono al comma 1062 dell’articolo 1 citato e, in
particolare, alla circostanza per cui «(…) l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da
1054 a 1058-ter (…)» debba essere indicato anche nel documento di trasporto e nel
verbale di collaudo e interconnessione.
Il richiamato comma 1062 pone gli obblighi di conservazione documentale a
carico dei beneficiari dell’agevolazione in parola, ai fini dei successivi controlli. In
particolare, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare,
pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo
sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.
A tal scopo, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni
agevolati devono contenere il chiaro riferimento alle disposizioni di cui all’articolo 1,
commi da 1054 a 1058-ter, della legge 27 dicembre 2020, n. 178. Va da sé che la
medesima funzione è assolta dei documenti che certificano la consegna del bene quali
PER IL VERBALE DI COLLAUDO E DI INTERCONNESSIONE NON ESISTE L’OBBLIGO DELLA DICITURA
il «documento di trasporto», per i quali resta fermo il predetto obbligo. Nel
presupposto che il «verbale di collaudo o di interconnessione» riguardino
univocamente i beni oggetto dell’investimento (cui
si riferiscono i documenti summenzionati) essendo tali documenti, per le
caratteristiche che li contraddistinguono, non attribuibili a beni diversi da quelli cui il
relativo contenuto fa riferimento, non si estende sugli stessi l’obbligo di riportare
l’espresso riferimento di cui al citato comma 1062.
E’ POSSIBILE COMUNQUE PROCEDERE ALLA REGOLARIZZAZIONE
Da ultimo, come chiarito nella risposta n. 438 del 2020, si rammenta che la
regolarizzazione dei documenti già emessi, ove dell’impresa beneficiaria entro la data
in cui sono state avviate eventuali attività di controllo.
Fonte AGENZIA delle ENTRATE
10. Credito d’imposta beni strumentali: il bene distrutto non consente di ottenere l’agevolazioni per il periodo residuo
(Agenzia delle entrate – Risposta n.317 del 31.5.2022)
Risposta n. 317/2022 DEL 31.5.2022
OGGETTO
Super ammortamento – Eliminazione del bene agevolato dal processo produttivo – Articolo 1, commi 91-94 e 97, della legge 28 dicembre 2015,n. 208 e ss.mm.ii.
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
La società ALFA SPA (di seguito anche “ALFA”, “Società” o “Istante”) chiede chiarimenti in merito alla fruizione del c.d. “super ammortamento”, di cui all’articolo1, commi 91-94 e 97, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e ss.mm.ii., nell’ipotesi di eliminazione del bene agevolato dal processo produttivo.
ALFA è una società con sede legale ed operativa in Italia che fa parte del Gruppo ALFA, uno dei maggiori produttori e distributori a livello internazionale di prodotti per gli operatori economici del settore … ; oggetto dell’attività dell’Istante è la distribuzione di: … .
La Società opera sul mercato italiano con due modalità di fornitura dei beni e servizi ai clienti: 1) cessione diretta tradizionale; 2) noleggio a lungo termine (c.d.”contratto xxx”).
Tale ultima modalità permette di offrire alla propria clientela un servizio chiavi in mano per la gestione completa del parco attrezzi; infatti, il ricorso a tale modalità di
vendita non solo permette all’utente di poter entrare in possesso di un parco attrezzi senza l’onere di un investimento iniziale, pagando dei canoni di noleggio mensili, maal tempo stesso assicura la scelta corretta e l’organizzazione ottimale degli attrezzi, con la relativa manutenzione e sostituzione.
In questo caso, i beni oggetto di contratto di noleggio xxx rimangono di proprietà della Società e sono trattati da quest’ultima come segue:
– dal punto di vista civilistico, sono ammortizzati secondo la durata del contratto di noleggio rappresentativa della vita economico tecnica dei beni (cfr. OIC 16, par.63);
– dal punto di vista fiscale, sono ammortizzati ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del TUIR;
– al termine del contratto di noleggio, vengono ritirati dall’Istante e, essendo concluso il loro ciclo produttivo e quindi la loro vita economico-tecnica, sono estromessi dal mercato tramite materiale distruzione, effettuata a cura dell’Istante presso il proprio sito di … ; la Società, nell’esercizio di distruzione dei beni, deduce il costo non ammortizzato ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR.
La materiale distruzione dei beni risponde ad una precisa scelta aziendale intesa ad operare in via esclusiva sul mercato dei prodotti nuovi.
La Società rappresenta che, nella sua realtà operativa, il periodo di ammortamento civilistico, che va dai 2 ai 4 anni, è sempre inferiore al periodo di ammortamento fiscale minimo calcolato applicando i coefficienti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988, pari ad 8 anni, e che, quindi, le quote annue di ammortamento imputate a conto economico sono sempre superiori a quelle massime fiscalmente ammesse in deduzione.
Alla luce di tale insieme di circostanze di fatto, l’Istante, per tutti gli anni in cui ha beneficiato della disciplina del super ammortamento, ha agito come segue:
– ha dedotto extra contabilmente le quote relative alla maggiorazione applicando i coefficienti del decreto ministeriale 31 dicembre 1988 per i soli anni di utilizzo dei
cespiti nell’ambito dei contratti di noleggio anzidetti;
– ha rinunciato alla deduzione extracontabile delle quote residue della maggiorazione teoricamente fruibili in esercizi successivi alla cessazione dei contratti di noleggio, ossia dopo il termine della vita utile dei beni oggetto di locazione.
La rinuncia alla fruizione dell’agevolazione fiscale residua da parte dell’Istante è avvenuta in virtù dell’indicazione contenuta nella circolare n. 12/E dell’8 aprile 2016,paragrafo 10.6 (rectius 10.8), secondo la quale in caso di cessione o di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione (ALFA evidenzia che il chiarimento in questione è stato reso nell’ambito di un quesito relativo all’ipotesi di ammortamento civilistico di un bene inferiore all’ammortamento massimo fiscalmente ammesso).
Ciò posto, l’istanza riguarda “il corretto trattamento ai fini del super ammortamento dei beni acquistati di costo unitario inferiore ai 516,46 euro”, che successivamente sono oggetto di “un contratto di noleggio a lungo termine (c.d. xxx)insieme ad altri beni e/o servizi (tutti a marchio ALFA)” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
In particolare, il quesito formulato dalla Società riguarda la corretta portata interpretativa della menzionata indicazione contenuta nella circolare n. 12/E del 2016;più precisamente, l’Istante chiede se nel caso di specie, in cui vi è una dismissione dovuta al completamento della vita utile ed economico-tecnica del bene che si realizza al termine del contratto di noleggio, possa continuare a dedurre extra contabilmente le quote di super ammortamento anche successivamente al ritiro/distruzione del bene stesso, fino ad esaurimento.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L’Istante propone la seguente soluzione interpretativa.
La distruzione e la relativa cancellazione del cespite agevolabile dalla contabilità risponde al principio di rappresentazione veritiera e corretta dei fatti aziendali sottostanti alla redazione del bilancio ex articolo 2423 del codice civile.
Relativamente all’ipotesi in cui l’ammortamento civilistico sia superiore all’ammortamento fiscale, la circolare n. 23/E del 26 maggio 2016 (pag. 19, esempio 4)avrebbe chiarito – secondo l’Istante – la possibilità per il contribuente, alla conclusione del ciclo di vita utile civilistica del bene, di continuare a fruire della maggiorazione fino ad esaurimento della stessa.
L’esempio della circolare sarebbe analogo alla situazione dell’Istante “in quanto illustra il caso in cui il bene concluda il proprio ciclo produttivo in momento anteriore a quello previsto applicando i coefficienti tabellari previsti dal DM 31.12.88. La situazione è perfettamente coincidente con la fattispecie concreta dell’istante che in più procede alla distruzione materiale del bene in luogo del mero stoccaggio in magazzino” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
Pertanto, la Società ritiene applicabile al caso specifico l’approccio proposto nel sopramenzionato passaggio della citata circolare n. 23/E del 2016 e, quindi, ritiene di poter correttamente continuare ad operare “la rettifica extracontabile a titolo di super ammortamento fino ad esaurimento della stessa anche successivamente al ritiro/distruzione dei beni” (v. pag. … dell’istanza di interpello).
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
In via preliminare, si evidenzia che il presente parere viene reso sulla base delle argomentazioni esposte e degli elementi rappresentati dal contribuente, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, nel presupposto della loro veridicità, completezza, concretezza ed esaustività, e non riguarda la verifica della sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge ai fini della spettanza del superammortamento; di conseguenza, su tale aspetto rimane impregiudicato ogni potere di controllo dell’Amministrazione finanziaria.
Si evidenzia, altresì, che la presente risposta è resa nel presupposto che, in base ai contratti di noleggio/locazione operativa stipulati, sia ALFA il soggetto che sopporta in senso proprio i rischi e fruisce, al contempo, dei benefici derivanti dall’investimento; circostanza, questa, non indagabile in sede di istanza di interpello e sulla quale resta quindi impregiudicato il potere di controllo dell’amministrazione finanziaria.
Ciò premesso, con riferimento al quesito posto dall’Istante si osserva quanto segue.
L’istituto del super ammortamento, introdotto dall’articolo 1, commi 91-94 e 97,della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), consiste nella possibilità, per i titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, di maggiorare del40% – con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di leasing deducibili ai fini delle imposte sui redditi – il costo di acquisizione degli investimenti in “beni materiali strumentali nuovi” effettuati dal 15ottobre 2015 fino al 31 dicembre 2016.
La disciplina del super ammortamento è stata prorogata, con modifiche, dapprima dall’articolo 1, comma 8, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) e successivamente dall’articolo 1, comma 29, della legge 27 dicembre2017, n. 205 (legge di bilancio 2018); infine, è stata riproposta, con modifiche, dall’articolo 1 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (c.d. “decreto crescita”),convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, modificato dall’articolo 50, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77.
La maggiorazione in parola si concretizza in una deduzione che opera in via extracontabile e che va fruita, per quanto riguarda l’ammortamento dei beni di cui agli articoli 102 e 54 del TUIR, in base ai coefficienti stabiliti dal decreto ministeriale 31dicembre 1988, ridotti alla metà per il primo esercizio per i soggetti titolari di reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del TUIR (v. circolare n. 23/E del 26
maggio 2016 e n. 4/E del 30 marzo 2017).
Con riferimento al caso di specie, si ritiene che l’Istante non possa continuare a fruire della maggiorazione relativa al super ammortamento dopo la cessazione del rapporto contrattuale e l’eliminazione del bene dal processo produttivo.
La fattispecie prospettata nell’istanza, infatti, diverge da quella rappresentata nella circolare n. 23/E del 2016 richiamata dalla Società in quanto fa riferimento a beni che, a seguito della cessazione del rapporto contrattuale con il cliente, per una precisa strategia imprenditoriale (noleggiare/locare solo beni nuovi) vengono avviati alla distruzione e non possono più cedere le loro utilità al processo produttivo dell’impresa, analogamente a quanto succede nell’ipotesi di cessione del bene.
Pertanto, in questa sede si deve confermare il principio espresso nel paragrafo10.8 della circolare n. 12/E del 2016, secondo cui in caso di eliminazione del bene dal processo produttivo non si può fruire di eventuali quote non dedotte della maggiorazione.
Tale conclusione è coerente con quanto precisato nella circolare n. 9/E del 23luglio 2021, relativa al credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi (agevolazione che costituisce l’evoluzione del super e dell’iper ammortamento).
Ai fini della rideterminazione del credito d’imposta, nel predetto documento di prassi è stato dato rilievo alla “volontarietà” dell’atto di fuoriuscita del bene dall’azienda verificatosi nel c.d. “periodo di sorveglianza” (v. domanda “7.2 Furto del bene”); è stato precisato, infatti, che il furto del bene agevolato non costituisce causa di rideterminazione dell’agevolazione, dovendosi dare rilevanza, a tal fine, alla volontarietà della scelta del beneficiario.
In altri termini, nel caso di furto del bene oggetto di investimento la fuoriuscita del bene dal regime di impresa o dall’esercizio dell’attività di arti e professioni, proprio perché indipendente dalla volontà del beneficiario, non comporta la rideterminazione dell’agevolazione.
La fattispecie rappresentata da ALFA, invece, fa riferimento ad una situazione in cui il soggetto beneficiario dell’agevolazione estromette volontariamente (e anticipatamente rispetto al periodo di fruizione previsto) i beni agevolati dal regime d’impresa; pertanto, l’Istante, a seguito dell’eliminazione del bene dal processo produttivo, non può fruire delle quote residue non dedotte della maggiorazione relativa al super ammortamento. Firma su delega del
CAPO DIVISIONE AGGIUNTO DIRETTORE CENTRALE
ad interim Vincenzo Carbone
Delega n. 43080 del 10 febbraio 2022IL
CAPO SETTORE (firmato digitalmente)
Fonte AGENZIA DELLE ENTRATE
11. Credito d’imposta R&S – Cambio esercizio sociale
(Agenzia delle Entrate – Risposta n.236 del 29.4.2022)
Risposta n. 236 del 29/04/2022
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 1, comma 198, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 dispone che “peril periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gliinvestimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni enelle misure di cui ai commi da 199 a 206”.
La nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre
2019 e si sostituisce a quella del credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo di cui all’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9 e successive modificazioni., il cui periodo di operatività è cessato anticipatamente il 31 dicembre 2019.
Possono accedere al nuovo credito d’imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d’impresa, che effettuino investimenti in una delle attività ammissibili alla misura.
In ogni caso, per le imprese ammesse al credito d’imposta, la fruizione del beneficio spettante (nelle misure stabilite dal successivo comma 203) è subordinata alla condizione del rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore e al corretto adempimento degli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori (comma 199).
Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione, subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione previsti dal comma 205 del citato articolo 1 della legge n. 160 del 2019.
L’agevolazione in esame:
– non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive;
– non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR;
– non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale;
– è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza del credito d’imposta alla formazione del reddito e della base imponibile dell’IRAP, non porti al
superamento del costo sostenuto.
Con riferimento all’obbligo di certificazione previsto dal comma 205, si evidenzia che, ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, l’apposita certificazione deve essere rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti iscritti nella sezione A del Registro dei revisori legali e delle società di revisione di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n.39.
In quest’ultimo caso, le spese sostenute per adempiere all’obbligo di certificazione andranno ad incrementare il credito d’imposta per un importo non superiore a 5.000 euro.
Ai fini dei successivi controlli, le imprese sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte.
Sono tenute anche ad effettuare un’apposita comunicazione al Ministero dello sviluppo economico affinché possano essere acquisite le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative
Le disposizioni applicative per il nuovo credito d’imposta sono contenute nel decreto del Ministro delle Sviluppo Economico del 26 maggio 2020.
In particolare, l’articolo 6 del decreto attuativo stabilisce che, fermo restando il rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità delle stesse, si considerano ammissibili al credito d’imposta le spese fiscalmente imputabili, in applicazione dell’articolo 109, commi 1 e 2, del TUIR, al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019.
In deroga a tale regola generale, viene previsto che, ai soli effetti dell’individuazione del periodo d’imposta a decorrere dal quale è possibile l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, le spese per la certificazione della
documentazione contabile, qualora rilevanti ai sensi del citato comma 205, quinto periodo, dell’articolo 1 della citata legge n. 160 del 2019, si considerano imputabili allo stesso periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti nelle attività ammissibili.
Nel caso di specie, la società istante riferisce di aver modificato l’ambito temporale dell’esercizio sociale, prevedendone la chiusura anticipata al 30 aprile 2020, al fine di uniformare la durata dello stesso a quello della società che detiene il controllo del suo capitale sociale.
Pertanto, il “periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” è quello compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 30 aprile 2020, con la conseguenza che saranno agevolabili le spese in ricerca, sviluppo, innovazione e design sostenute dalla società istante in tale arco temporale.
La soluzione interpretativa appena esposta risponde alla scelta del legislatore che individua l’ambito temporale e la cadenza applicativa della disciplina agevolativa in funzione del periodo di imposta rilevante agli effetti delle imposte sui redditi, motivo per cui in nessun caso l’anticipata chiusura del “primo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019”, come avvenuto nel caso di specie, può comportare una modifica dell’inizio del periodo di vigenza della disciplina agevolativa.
Al riguardo, si evidenzia che il legislatore prevede l’obbligo, “in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi”, di operare il ragguaglio a danno del limite massimo delle spese ammissibili, lasciando chiaramente intendere che,ai fini dell’applicazione della disciplina agevolativa, può assumere rilevanza anche un periodo d’imposta – “successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” – avente una durata inferiore (o superiore) ai dodici mesi.
A conferma della scelta interpretativa su esposta si richiamano anche i chiarimenti contenuti nella risoluzione n. 121/E del 9 ottobre 2017 e nella circolare n.8/E del 16 maggio 2010, seppur relativi alla disciplina in materia di credito d’imposta
per gli investimenti in ricerca e sviluppo che l’articolo 3 del decreto legge n. 145 del2013 riconosce per gli investimenti effettuati “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31dicembre 2020”, commisurandolo alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media delle spese ammissibili sostenute “nei tre periodi d’imposta precedenti a quello incorso al 31 dicembre 2015”.
Come precisato nei richiamati documenti di prassi, va attribuita rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, ai singoli periodi d’imposta, a prescindere dalla durata degli stessi.
A ciò, tuttavia, va aggiunto che l’arco temporale di applicazione dell’agevolazione prevista dall’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 corrisponde, complessivamente, a sei periodi di imposta di durata standard (ovvero a complessivi settantadue mesi).
Di conseguenza, nell’ipotesi di chiusura anticipata o posticipata di uno dei periodi d’imposta agevolati, al fine di evitare incongruenze nonché ingiustificate disparità di trattamento, è necessario adeguare la tempistica per la determinazione del credito spettante in modo da garantire la possibilità di accedere al beneficio per un arco temporale complessivamente non superiore o inferiore a settantadue mesi e allo scopo di evitare ingiustificate disparità di trattamento nei confronti delle altre imprese potenzialmente beneficiarie che si trovino a poter fruire dell’incentivo per sei periodi di imposta.
Ciò comporta che tutte le volte in cui ci si trovi in presenza di un periodo agevolato di durata inferiore o superiore a quella standard di dodici mesi, i parametri rilevanti per il meccanismo di calcolo del credito d’imposta (importo minimo di investimenti, importo massimo del credito spettante e media storica di riferimento)dovranno essere ragguagliati alla durata effettiva del periodo agevolato.
In sostanza, la presenza di periodi di imposta di durata diversa da quella standard di dodici mesi non deve generare effetti distorsivi – a vantaggio o a svantaggio – nel calcolo del beneficio attribuibile.
Ad analoghe conclusioni si perviene anche con riferimento al credito d’imposta previsto dall’articolo 1, commi 198 e seguenti, della legge n. 160 del 2019, il cui arco temporale di applicazione corrisponde a un periodo di imposta costituito da complessivi dodici mesi.
Pertanto, con riferimento al caso prospettato dalla società istante, considerato che “il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” ha una durata di quattro mesi (1° gennaio 2020 – 31 aprile 2020), Alfa S.r.l. potrà beneficiare dell’agevolazione anche nel successivo periodo di imposta 1° maggio 2020 – 30 aprile 2021 avendo riguardo però ai soli investimenti effettuati nei primi otto mesi (1°maggio 2020 – dicembre 2020).
Anche in tal caso, il limite massimo delle spese ammissibili dovrà essere ragguagliato alla durata effettiva del periodo agevolato.
IL DIRETTORE CENTRALE (firmato digitalmente)
Fonte AGENZIA DELLE ENTRATE
12. Modifica dell’esercizio sociale: che ne è del credito per ricerca?
La presenza di periodi di imposta di durata diversa da quella standard di dodici mesi non deve generare effetti distorsivi – a vantaggio o a svantaggio – nel calcolo del beneficio attribuibile
Nel caso di chiusura anticipata o posticipata di uno dei periodi d’imposta agevolati, per l’attribuzione del credito d’imposta ricerca, innovazione e design, è necessario ragguagliare i parametri rilevanti per il meccanismo di calcolo del bonus alla durata effettiva del periodo agevolato, evitando disparità di trattamento rispetto ad altre imprese potenzialmente beneficiarie.
Questi il principale contenuto della risposta n. 236 del 29 aprile 2022 dell’Agenzia.
Una Srl che svolge attività di ricerca e sperimentazione nel campo dell’intelligenza artificiale è controllata, dal 5 maggio 2020, da una Spa, ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2 c.c..
Al fine di uniformare il proprio esercizio fiscale con quello della controllante, la società istante ne ha modificato la data di chiusura al 30 aprile. Pertanto, nel corso dell’anno solare 2020, saranno presenti due esercizi fiscali, uno con inizio 1° gennaio 2020 e termine 30 aprile 2020 e l’altro con inizio 1° maggio 2020 e termine 30 aprile 2021. La Srl, a fronte della modifica dell’esercizio sociale, chiede quale periodo temporale debba considerare per il calcolo del credito d’imposta ricerca, innovazione e design, introdotto dall’articolo 1, commi 198 della legge di bilancio 2020.
L’Agenzia premette che tale norma dispone che “per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019, per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative, è riconosciuto un credito d’imposta alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206”.
Possono accedere al nuovo credito d’imposta, che si sostituisce al credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo ex Dl n. 145/2013, tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito d’impresa, che effettuino investimenti in una delle attività ammissibili alla misura.
L’agevolazione in esame, spiega l’Agenzia:
– non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive
– non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5 Tuir
– non può formare oggetto di cessione o trasferimento neanche all’interno del consolidato fiscale
– è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza del credito d’imposta alla formazione del reddito e della base imponibile dell’Irap, non porti al superamento del costo sostenuto.
Inoltre, con riferimento all’obbligo di certificazione previsto dal comma 205, l’Agenzia evidenzia che, per il riconoscimento del credito d’imposta, l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili deve risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Ai fini dei successivi controlli – osserva l’Agenzia – le imprese sono tenute a redigere e conservare una relazione tecnica che illustri le finalità, i contenuti e i risultati delle attività ammissibili svolte. Sono tenute anche ad effettuare un’apposita comunicazione al Mise affinché possano essere acquisite le informazioni necessarie per valutare l’andamento, la diffusione e l’efficacia delle misure agevolative.
In particolare, l’articolo 6 decreto Mef del 26 maggio 2020 stabilisce che, fermo restando il rispetto delle regole generali di effettività, pertinenza e congruità delle stesse, si considerano ammissibili al credito d’imposta le spese fiscalmente imputabili, in applicazione dell’articolo 109, commi 1 e 2 Tuir, al periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019. In deroga a tale regola generale, viene previsto che, ai soli effetti dell’individuazione del periodo d’imposta a decorrere dal quale è possibile l’utilizzo in compensazione del credito d’imposta, le spese per la certificazione della documentazione contabile, qualora rilevanti ai sensi del citato comma 205, quinto periodo, dell’articolo 1 della citata legge n. 160/2019, si considerano imputabili allo stesso periodo d’imposta di effettuazione degli investimenti nelle attività ammissibili.
L’agevolazione per il periodo fiscale “modificato”
Nel caso in esame, il “periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” è quello compreso tra il 1° gennaio 2020 e il 30 aprile 2020, con la conseguenza che saranno agevolabili le spese in ricerca, sviluppo, innovazione e design sostenute dalla società istante in tale arco temporale.
Detta soluzione interpretativa risponde alla scelta del legislatore che individua l’ambito temporale e la cadenza applicativa della disciplina agevolativa in funzione del periodo di imposta rilevante agli effetti delle imposte sui redditi, motivo per cui in nessun caso l’anticipata chiusura del “primo periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019”, come avvenuto nel caso di specie, può comportare una modifica dell’inizio del periodo di vigenza della disciplina agevolativa. Al riguardo, il legislatore prevede l’obbligo, “in caso di periodo d’imposta di durata inferiore o superiore a dodici mesi”, di operare il ragguaglio ad anno del limite massimo delle spese ammissibili, lasciando chiaramente intendere che, ai fini dell’applicazione della disciplina agevolativa, può assumere rilevanza anche un periodo d’imposta – “successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” – avente una durata inferiore (o superiore) ai dodici mesi (cfr. anche risoluzione n. 121/2017 e circolare n. 8/2010).
In sostanza, va attribuita rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, ai singoli periodi d’imposta, a prescindere dalla durata degli stessi. A ciò, tuttavia, va aggiunto che l’arco temporale di applicazione dell’agevolazione prevista dall’articolo 3 Dl n. 145/2013 corrisponde, complessivamente, a sei periodi di imposta di durata standard (ovvero a complessivi settantadue mesi).
Ciò posto, osserva l’Agenzia, nell’ipotesi di chiusura anticipata o posticipata di uno dei periodi d’imposta agevolati, al fine di evitare incongruenze nonché ingiustificate disparità di trattamento, è necessario adeguare la tempistica per la determinazione del credito spettante in modo da garantire la possibilità di accedere al beneficio per un arco temporale complessivamente non superiore o inferiore a settantadue mesi e allo scopo di evitare ingiustificate disparità di trattamento nei confronti delle altre imprese potenzialmente beneficiarie che si trovino a poter fruire dell’incentivo per sei periodi di imposta. Ciò comporta che tutte le volte in cui ci si trovi in presenza di un periodo agevolato di durata inferiore o superiore a quella standard di dodici mesi, i parametri rilevanti per il meccanismo di calcolo del credito d’imposta (importo minimo di investimenti, importo massimo del credito spettante e media storica di riferimento) dovranno essere ragguagliati alla durata effettiva del periodo agevolato. In sostanza, la presenza di periodi di imposta di durata diversa da quella standard di dodici mesi non deve generare effetti distorsivi – a vantaggio o a svantaggio – nel calcolo del beneficio attribuibile.
In conclusione, con riferimento al caso di specie, considerato che “il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019” ha una durata di quattro mesi (1° gennaio 2020 – 31 aprile 2020), la srl potrà beneficiare dell’agevolazione anche nel successivo periodo di imposta 1° maggio 2020 – 30 aprile 2021 avendo riguardo, però, ai soli investimenti effettuati nei primi otto mesi (1° maggio 2020 – dicembre 2020).
Anche in tal caso, conclude l’Agenzia, il limite massimo delle spese ammissibili dovrà essere ragguagliato alla durata effettiva del periodo agevolato.
Fonte FISCO OGGI
RAVVEDIMENTO OPEROSO
Circolare n. 11 del 12/05/2022
ItaliaOggi 31.5.2022 – (Commento alla circolare nr.11 del 12.5.2022)
Nel documento in commento, infatti, viene richiamata l”, in particolare, sull’applicazione del ravvedimento operoso anche in presenza di condotte fraudolente, giacché si evidenzia che l’istituto, previsto dal citato art. 13 del dlgs 472/1997, non subisce i limiti introdotti dall’art. 13 e dall’art. 13-bis del dlgs 74/2000 (diritto penale tributario).
Si afferma, per esempio, che la formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualsiasi attività di accertamento (amministrativo e/o penale) non incide sul perfezionamento del ravvedimento operoso, se eseguito in conformità a quanto disposto dall’art . 13 del dlgs 472/1997.
CREDITO INESISTENTE E CREDITO NON SPETTANTE
NORMATIVA
Articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997
Art. 13.
(Ritardati od omessi versamenti diretti e altre violazioni in materia
di compensazione).
5. Nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per
il pagamento delle somme dovute e’ applicata la sanzione dal cento al
duecento per cento della misura dei crediti stessi. Per le sanzioni
previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione
agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Si intende inesistente
il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il
presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile
mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e
all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633.
—–
Considerazioni
Il dettato normativo dell’articolo 13, comma 5, D.Lgs. 471/1997 individua due elementi, entrambi indispensabili, per qualificare un credito come inesistente:
– mancanza del presupposto costitutivo del credito, con ciò intendendosi che la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili, patrimoniali o finanziari del contribuente;
– inesistenza del credito non riscontrabile mediante controlli automatizzati o formali dei dati in anagrafe tributaria, ai sensi degli articoli 36-bis, 36-ter D.P.R. 600/1973 e 54-bis D.P.R. 633/1972.
SENTENZE DELLA CASSAZIONE
Inesistente solo il credito fittizio non rilevabile con il 36 bis e 36 bis (Corte di cassazione sentenza 3445 del 16/11/2021)
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PREMESSA
La distinzione fra credito non dovuto e credito inesistente è importante perchè variano i termini per l’accertamento e le sanzioni.
TERMINE ACCERTAMENTO | SANZIONE | |
Credito non dovuto | 5 anni | 30% |
Credito inesistente | 8 anni | dal 100% al 200% |
SENTENZA DELLE CORTE DI CASSAZIONE
Viene completamente rovesciata la precedente posizione della cassazione secondo la quale non c’era distinzione tra credito non spettane e credito inesistente.
….
Cosi’ stando le cose, ritiene la Corte che l‘affermazione secondo cui sarebbe priva di senso logico-giuridico la distinzione tra “credito inesistente” e “credito non spettante” – come sostenuto, nel solco die Cass. n. 10112/2017, da Cass. n. 19237/2017 (di recente confermata da Cass. n. 24093/2020 e da Cass. n. 354/2021) – vada necessariamente superata anche per effetto della citata novella, non solo perche’ quest’ultima e’ direttamente applicabile alla fattispecie, ratione temporis, ma anche perche’ nella stessa definizione positiva di “credito inesistente” puo’ rinvenirsi la conferma della dignita’ della distinzione delle due categorie in discorso, gia’ sulla base dell’originario impianto normativo concernente la riscossione dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati dal contribuente, mediante l’emissione dell’atto di recupero di cui alla L. n. 311 del 2004, articolo 1, comma 421.
Per il credito inesistente devono essere presenti i due requisiti:
1) deve mancare il presupposto costitutivo;
2) l’inesistenza non risulti evincibile dai controllo automatizzati o dai dati in possesso dell’amministrazione.
Al riguardo, puo’ dunque affermarsi che il credito fiscale illegittimamente utilizzato dal contribuente puo’ dirsi “inesistente” quando ne manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente) e quando tale mancanza sia evincibile dai controlli automatizzati o formali sugli elementi dichiarati dal contribuente stesso o in possesso dell’anagrafe tributaria, banca dati pubblica disciplinata dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, su cui detti controlli anche si fondano. Non e’ affatto casuale, del resto, che il raddoppio dei termini di decadenza in discorso sia collegato alla non immediata riscontrabilita’ da parte del fisco, mediante i suddetti controlli, del carattere indebito della compensazione, la maggior durata giustificandosi, all’evidenza, solo per i casi in cui sia necessaria una piu’ complessa attivita’ istruttoria.
….
Principio di diritto
Puo’ quindi affermarsi il seguente principio di diritto: “In tema di compensazione di crediti fiscali da parte del contribuente, l’applicazione del termine di decadenza “termale, previsto dal Decreto Legge n. 185 del 2008, articolo 27, comma 16, conv. in L. n. 2 del 2009, presuppone l’utilizzo non gia’ di un mero credito “non spettante”, bensi’ di un credito “inesistente”, per tale ultimo dovendo intendersi – ai sensi del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, articolo 13, comma 5, terzo periodo, (introdotto dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, articolo 15) – il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito che non e’, cioe’, “reale”) e la cui inesistenza non e’ riscontrabile mediante i controlli di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 36-bis e 36-ter e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54-bis”.
Mancanza del presupposto costitutivo
Al riguardo, puo’ dunque affermarsi che il credito fiscale illegittimamente utilizzato dal contribuente puo’ dirsi “inesistente” quando ne manca il presupposto costitutivo (ossia, quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali-finanziari del contribuente)…..
…
…e mira quindi a specificare il contenuto del precetto originario, cosi’ ancorando la nozione di “credito inesistente” ad una dimensione anche secondo il linguaggio comune – “non reale” o “non vera”, ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza (come pure puo’ evincersi dal contenuto della Relazione illustrativa al Decreto Legge n. 185 del 2008).
Il termine lungo di 8 anni è giustificato solo nei casi cui il credito non si riscontrabile dai controlli automatizzati.
Non e’ affatto casuale, del resto, che il raddoppio dei termini di decadenza in discorso sia collegato alla non immediata riscontrabilita’ da parte del fisco, mediante i suddetti controlli, del carattere indebito della compensazione, la maggior durata giustificandosi, all’evidenza, solo per i casi in cui sia necessaria una piu’ complessa attivita’ istruttoria.
La cassazione restringe il perimetro dei crediti inesistenti
Chiarezza sui confini rispetto alla fattispecie dei crediti “non spettanti”
La richiamate pronunce assumono particolare rilievo anche per la gestione dei contenziosi pendenti.
Il Sole 24 Ore 16/11/2021
In sostanza, si può giungere alla conclusione che la generalità dei casi relativa alle indebite compensazioni rientra certamente nelle ipotesi di utilizzo di crediti d’imposta non spettanti (con sanzione del 30 per cento). Ciò per l’evidente considerazione che, nella maggioranza delle ipotesi, la non spettanza del credito d’imposta è suscettibile di essere rilevata attraverso l’attività di controllo ex articolo 36-ter Dpr 600/1973, in conseguenza del confronto tra i dati esposti in dichiarazione e i documenti conservati ed esibiti dal contribuente.
…
Commercialista telematico – 18.11.2021
Storica sentenza di Cassazione sulla questione dei crediti inesistenti/non spettanti
Nelle sentenze 34444 e 34445 depositate il 16.11.2021 nonché nella più recente 7615 depositata il 03.03.2022, la Suprema Corte interpreta la definizione di credito inesistente ravvisando, a contrario, in mancanza di anche solo uno dei suddetti requisiti, un credito esistente ma non spettante:
“in sintesi, per poter qualificare un credito come inesistente è necessario che lo stesso sia ancorato ad una situazione non reale o non vera”, “ossia priva di elementi giustificativi fenomenicamente apprezzabili, se non anche con connotazioni di fraudolenza””.
…..
Nella sentenza 7615/2022 la Corte di Cassazione si è spinta ad analizzare la dicotomia credito inesistente/non spettante anche sul piano dell’elemento soggettivo con effetti antitetici in termini di onere probatorio:
…..
Definizione di UNITA’ PRODUTTIVA
CREDITO D’IMPOSTA SUD E MEZZOGIORNO
Circolare Agenzia delle Entrate nr.34 del 2016
Al riguardo, si fa presente che in base alla Circolare n. 34 del 2016, per
“struttura produttiva” deve intendersi ogni singola unità locale o stabilimento, ubicati
nei territori richiamati dal comma 98, in cui il beneficiario esercita l’attività d’impresa.
Può trattarsi, in particolare, di:
a) un autonomo ramo di azienda;
b) una autonoma diramazione territoriale dell’azienda, ovvero di una mera linea
di produzione o un reparto, pur dotato di autonomia organizzativa, purché costituisca
di per sé un centro autonomo di imputazione di costi e non rappresenti parte integrante
del processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale ovvero
nel medesimo perimetro aziendale.
Per individuare la “struttura produttiva”, pertanto, occorre valutare se le “unità
locali”, oppure le “diramazioni territoriali”, le “linee di produzione” o i “reparti” che
insistono sul territorio dello stesso comune agevolato siano o meno “parte integrante”
del medesimo processo produttivo e se costituiscano o meno un “centro autonomo di
imputazione di costi”.
Agenzia delle entrate – Risposta nr.68 del 3.2.2022
…
In conclusione, considerato che in riferimento alla suddetta “Sede Operativa
Sud” di …, la società non ha fornito sufficienti argomentazioni, né informazioni in
merito alle caratteristiche strutturali e funzionali della Sede operativa, tali che
consentissero di qualificarla, ai fini dell’accesso all’agevolazione, come “struttura
produttiva” autonoma, secondo la nozione sopra illustrata, sembra plausibile che la
stessa “Sede Operativa Sud” non svolga all’interno della compagine aziendale funzioni
autonome, quanto piuttosto svolga funzioni di coordinamento che fanno parte
integrante del medesimo “processo produttivo” – finalizzato alla fornitura dei sevizi di
telecomunicazione – svolto su scala nazionale dalla società ALFA, con sede in …, al di
fuori delle aree ammissibili.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta nr.69 del 3.2.2022
Al riguardo, occorre precisare che in base alla Circolare n. 34 del 2016, per
“struttura produttiva” deve intendersi ogni singola unità locale o stabilimento, ubicati
nei territori richiamati dal comma 98, in cui il beneficiario esercita l’attività d’impresa.
Può trattarsi, in particolare, di:
a) un autonomo ramo di azienda;
b) una autonoma diramazione territoriale dell’azienda, ovvero di una mera linea
di produzione o un reparto, pur dotato di autonomia organizzativa, purché costituisca
di per sé un centro autonomo di imputazione di costi e non rappresenti parte integrante
del processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale ovvero
nel medesimo perimetro aziendale.
Per individuare la “struttura produttiva”, pertanto, occorre valutare se le “unità
locali”, oppure le “diramazioni territoriali”, le “linee di produzione” o i “reparti” che
insistono sul territorio dello stesso comune agevolato siano o meno “parte integrante”
del medesimo processo produttivo.
Ciò posto, alla luce dei chiarimenti sopra riportati e sulla base delle precedenti
considerazioni, si ritiene che, le “Strutture Operative”, identificate con le centrali PoP
localizzate nelle regioni del Mezzogiorno, nella misura in cui svolgono solo alcune
delle funzioni che fanno parte integrante dell’intero processo di trasmissione e
ricezione dei dati che contraddistingue l’operatività dei sistemi di telecomunicazioni,
non siano, in sostanza qualificabili come “strutture produttive” autonome,
nell’accezione sopra descritta ed elaborata ai fini dell’ammissibilità al beneficio.
Peraltro, come precisato in nota nella documentazione integrativa, il termine
PoP, acronimo di “Point of Presence”, nel settore delle telecomunicazioni, individua
un “sito tecnico”, in cui è alloggiato un set di componenti hardware e software che
“rappresenta un nodo di accesso alla rete, fornito da un Internet Service Provider, in
grado di instradare il traffico agli utenti finali connessi ad esso”. Dalla stessa
definizione risulta evidente come i predetti “siti tecnici”, nella loro funzione di “nodi di
accesso alla rete” – in cui si svolge, in sostanza, solo una parte, per quanto importante,
del processo di fornitura dei servizi di telecomunicazione – non rappresentino, in base
ai chiarimenti di prassi, una “autonoma diramazione territoriale” dell’azienda, dotata di
autonomia decisionale e organizzativa, ma siano parte integrante del medesimo
“processo produttivo” espletato dai sistemi centralizzati di … e ….
Infatti, come chiarito nel sopra citato documento di prassi, per “struttura
produttiva” deve intendersi ogni singola “unità locale” o “autonomo ramo d’azienda”
dotato di autonomia decisionale come centro di costo e di profitto, oppure una “
autonoma diramazione territoriale” dell’azienda, ovvero una mera linea di
produzione, che sia dotata di “autonomia organizzativa” e costituisca di per sé un
“centro autonomo di imputazione di costi” e “non rappresenti parte integrante del
processo produttivo dell’unità locale situata nello stesso territorio comunale”. In
sostanza, per individuare la “struttura produttiva”, è importante valutare se le eventuali
diramazioni territoriali siano o meno “parte integrante” del medesimo “processo
produttivo”.
Ciò posto, considerato che le “Strutture Operative” di ALFA localizzate nelle
regioni del Mezzogiorno svolgono, sotto il profilo tecnico, soltanto due delle quattro
funzioni principali che caratterizzano l’operatività dei sistemi di telecomunicazioni, e
tenuto conto che gli investimenti finalizzati all’ampliamento delle locali infrastrutture
sono definiti nell’interpello stesso come “indispensabili per il collegamento delle locali
centrali … all’intera infrastruttura”, si ritiene che le stesse “Strutture Operative”
facciano parte integrante del medesimo “processo produttivo” – finalizzato alla
fornitura dei sevizi di telecomunicazione – svolto dalle sedi centrali di … e …, e che, di
conseguenza, non siano qualificabili, ai fini dell’accesso all’agevolazione, come
“strutture produttive” autonome, secondo la nozione sopra illustrata.
Alle medesime conclusioni è possibile giungere anche attraverso i principi
espressi nella risoluzione n. 118/E del 22 dicembre 2016, peraltro richiamata anche
dalla società istante nell’istanza di interpello.
Con riguardo al caso d’investimento in “Totem digitali”, collocati in comodato al
di fuori della sede aziendale, presso esercizi commerciali ubicati anche al di fuori delle
zone individuate dalla disciplina agevolativa di cui al citato articolo 1, commi da 98 a
108 della legge n. 208 del 2015, nella risoluzione è stato chiarito che considerato lo
“stretto vincolo di connessione funzionale” tra Totem digitali ed elaboratori posti in
sede, l’investimento in Totem digitali contribuisce alla crescita della struttura
produttiva situata nel territorio agevolato indipendentemente dal luogo in cui gli
apparecchi terminali sono installati.
I Totem digitali, infatti, possono essere considerati come mere diramazioni della
struttura produttiva aziendale, a cui sono strettamente correlati, a prescindere dalla
presenza fisica degli stessi in azienda.
Nel caso trattato nella predetta risoluzione, l’Istante aveva la sede presso un
territorio agevolato e sussisteva una stretta connessione funzionale tra i Totem digitali
forniti in comodato e gli elaboratori posti presso la sede sociale.
Nel caso di specie, va evidenziato che, nel complesso, le “Strutture operative …”
(i.e. “Struttura Operativa Servizi rete FWA Mezzogiorno” e “Strutture Operative
Servizi Rete Fissa Mezzogiorno”) localizzate nelle aree assistite, presentano uno
“stretto vincolo di connessione funzionale” con le due “strutture produttive” centrali di
ALFA con sede in … e …, del tutto analogo a quello individuato, nel citato documento
di prassi, tra il Totem digitale e gli elaboratori posti nella struttura produttiva situata
nel territorio agevolato.
Pertanto, considerato che “il sistema centrale” (costituito dalle sedi sociali di … e
di …) che consente il funzionamento delle medesime “Strutture Operative Alfa” è
posto in un’area che non ricade nei territori agevolati, non è possibile ritenere che gli
investimenti posti in essere dalla società istante “per ampliare la propria rete ed
incrementare la velocità di connessione dei servizi resi ai propri clienti nelle aree del
Mezzogiorno” siano ammissibili all’agevolazione.
In conclusione, alla luce delle predette considerazioni, si ritiene di non poter
condividere la soluzione proposta dalla società istante poiché, nel caso di specie,
manca una delle condizioni necessarie richieste dalla norma per ritenere l’investimento
“ammissibile” all’agevolazione, vale a dire la sussistenza di “Strutture produttive”
impiantate o da impiantare nei territori delle regioni “assistite”.
Fonte AGENZIA DELLE ENTRATE
13. IMPRESA UNICA per il De Minimis ed il Quadro temporaneo degli aiuti
INDICE
- Normativa comunitaria art. 2 paragrafo 2 del regolamento1407/2013
- Le faq del registro degli aiuti di stato
- Il concetto di impresa unica si applica al quadro temporaneo degli aiuti di stato
- Registro aiuti di stato
APPROFONDIMENTI
a. Non viene considerato il collegamento tramite persona fisica salvo che non sia una ditta individuale
b. Le imprese estere non devono essere considerate
- NORMATIVA COMUNITARIA – Articolo 2, paragrafo 2 del regolamento 1407/2013
Articolo 2
Definizioni
2. Ai fini del presente regolamento, s’intende per «impresa
unica» l’insieme delle imprese fra le quali esiste almeno una delle
relazioni seguenti:
a) un’impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto degli
azionisti o soci di un’altra impresa;
b) un’impresa ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, direzione o sorveglianza di un’altra impresa;
c) un’impresa ha il diritto di esercitare un’influenza dominante
su un’altra impresa in virtù di un contratto concluso con
quest’ultima oppure in virtù di una clausola dello statuto di
quest’ultima;
d) un’impresa azionista o socia di un’altra impresa controlla da
sola, in virtù di un accordo stipulato con altri azionisti o soci
dell’altra impresa, la maggioranza dei diritti di voto degli
azionisti o soci di quest’ultima
Le imprese fra le quali intercorre una delle relazioni di cui al
primo comma, lettere da a) a d), per il tramite di una o più altre
imprese sono anch’esse considerate un’impresa unica.
2. LINK FAQ DEL REGISTRO DEGLI AIUTI DI STATO
3. IL CONCETTO DI IMPRESA UNICA SI APPLICA ANCHE AL QUADRO TEMPORANEO DEGLI AIUTI DI STATO
Articolo 1, comma 17 del Dl. 41/21
DECRETO-LEGGE 22 marzo 2021, n. 41
Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all’emergenza da COVID-19.
Articolo 1
17. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 13 a 16 si applica la definizione di impresa unica ai sensi del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis», del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore della pesca e dell'acquacoltura.
b. LE IMPRESE ESTERE NON DEVONO ESSERE CONSIDERATE (Faq Registro degli aiuti di Stato del 7.9.2018)
7. IMPRESA UNICA
7.1 Cosa è ricompreso nel perimetro di impresa unica estratto dal Registro nazionale degli aiuti di Stato? Le informazioni estratte dal Registro nazionale degli aiuti di Stato comprendono nel perimetro di impresa unica tutte le imprese controllate, controllanti e le controllate e controllanti di ciascuna di queste, determinate:
- sulla base delle informazioni relative alle quote societarie risultanti dagli elenchi soci presenti nel Registro delle Imprese;
- sulla base delle dichiarazioni di impresa soggetta ad altrui direzione e/o coordinamento che possono essere effettuate dalle imprese presso il Registro delle Imprese.
In linea con la definizione di impresa unica di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013 e con gli orientamenti interpretativi forniti dalla Commissione europea in relazione alla stessa, il perimetro estratto dal Registro nazionale degli aiuti esclude i soggetti che, pur se rilevanti sulla base delle informazioni e delle dichiarazioni di cui alle lettere a) e b), costituiscono organismi pubblici, imprese estere nonché persone fisiche che non costituiscono Ditte individuali.
4. REGISTRO AIUTI DI STATO MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 31 maggio 2017, n. 115 Regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli aiuti di Stato, ai sensi dell'articolo 52, comma 6, della legge 24 dicembre 2012, n. 234 e successive modifiche e integrazioni. (17G00130) Art. 1 Definizioni ..... aa) impresa unica: l'insieme delle imprese ubicate in Italia fra cui esiste almeno una delle relazioni indicate nell'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013;
Fonte Studio Astolfi
14. Riversamento spontaneo del credito R&S, provvedimento attuativo fra luci e ombre
Il provvedimento attuativo del riversamento del bonus R&S indebito porta con sé alcune novità da accogliere con favore (tra tutte, la possibilità di trasmettere nuovamente il modello eventualmente scartato) ma anche criticità che potrebbero rendere meno appetibile l’accesso alla procedura. Ci si riferisce, in particolare, alla previsione per cui, qualora successivamente alla presentazione del modello venga accertata la mancanza dei requisiti per accedere al riversamento, l’intera procedura non si perfeziona: non è predisposto alcun meccanismo di “remissione” o “ripristino” della procedura se, a seguito del giudizio, non fosse poi confermata la ricostruzione del Fisco. Senza dimenticare le possibili implicazioni penali del disconoscimento del riversamento…
A chi è riservato il riversamento spontaneo?
Come già previsto dalla normativa primaria (art. 5, comma 8, D.L. n. 146/2021) e ribadito con il provvedimento prot. n. 188987/2022, il riversamento spontaneo è riservato ai soggetti che abbiano indebitamente utilizzato il credito d’imposta in compensazione e che si trovino in una delle seguenti circostanze:
– hanno realmente svolto, sostenendo le relative spese, attività in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca o sviluppo, ammissibili al beneficio;
– hanno applicato l’art. 3, comma 1-bis, D.L. n. 145/2013, in tema di R&S commissionata a imprese italiane da soggetti non residenti, non in conformità alla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 72, legge n. 145/2018;
– hanno commesso errori nella quantificazione o nell’individuazione delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità;
– hanno commesso errori nella determinazione della media storica di riferimento.
La procedura è invece preclusa a quei contribuenti destinatari di un atto impositivo definitivo alla data del 22 ottobre 2021, vale a dire la data di entrata in vigore del D.L. n. 146/2021.
La procedura, inoltre, è preclusa (art. 2.2) in tutti i casi in cui il credito di imposta utilizzato in compensazione derivi da:
– condotte fraudolente;
– fattispecie oggettivamente o soggettivamente simulate;
– false rappresentazioni della realtà basate sull’utilizzo di documenti falsi;
– mancanza di documentazione idonea a provare l’effettivo sostenimento delle spese.
Sul punto, il provvedimento precisa (art. 2.3) che se, dopo la presentazione del modello, l’Agenzia accerti una o più delle condotte ostative al riversamento, il contribuente decade dalla procedura e la stessa non produce effetti. Conseguenza che, come avremo modo di precisare nel prosieguo, può rappresentare la vera discriminante rispetto alle scelte dei contribuenti.
Come e quando si presenta il modello?
Il modello deve essere necessariamente presentato in via telematica, entro il 30 settembre 2022.
In caso di errori, è espressamente consentita la presentazione di una nuova istanza, in sostituzione di quella originaria, purché essa avvenga entro la scadenza del termine.
Attenzione Rispetto alla versione in consultazione pubblica, la versione definitiva del provvedimento (art. 7.4) prevede che in caso di scarto dovuto al mancato rispetto delle specifiche tecniche verrà trasmessa all’intermediario una comunicazione e, accogliendo un sollecito proveniente dagli scriventi, sarà possibile riproporre la corretta trasmissione del modello entro i cinque giorni lavorativi successivi. Una previsione particolarmente utile, si ritiene, nei casi affatto rari di trasmissione del modello a ridosso della scadenza del 30 settembre, con la possibilità di ricevere una ricevuta di scarto oltre il termine in parola. |
Come riversare le somme dovute?
Il pagamento delle somme dovute per il riversamento può avvenire in unica soluzione o con pagamento di tre rate annuali di pari importo.
In entrambi i casi, la prima scadenza per il versamento è fissata nel 16 dicembre 2022 (in caso di pagamento rateale, la seconda e la terza rata saranno dovute, rispettivamente, il 16 dicembre 2023 e il 16 dicembre 2024).
Sebbene particolarmente criticata nell’ambito della consultazione pubblica, la versione definitiva del provvedimento ha conservato la previsione per la quale “dall’importo si scomputano le somme già versate, sia a titolo definitivo sia a titolo non definitivo, senza tener conto delle sanzioni e degli interessi”.
Pertanto, nel caso di contribuenti che abbiano già ricevuto atti impositivi (evidentemente non definitivi alla data del 22 ottobre 2021) e che abbiano già provveduto al versamento in pendenza di giudizio di parte del credito recuperato, potrà essere scomputata dall’importo dovuto per il riversamento esclusivamente la quota di credito e non anche le correlate sanzioni e interessi. Previsione, questa, particolarmente pregiudizievole (come già lamentato dai primi commentatori), anche in considerazione del fatto che gli atti di recupero non prevedono la riscossione frazionata in pendenza di giudizio, con la conseguenza che, anche in caso di contenzioso, l’Agenzia provvede all’integrale riscossione delle somme recuperate (compresi interessi e sanzioni).
È altresì stata confermata (art. 8.3) la previsione per cui è preclusa la rateazione ai contribuenti che alla data del 22 ottobre 2021 fossero destinatari di un atto di recupero o di un PVC; per questi contribuenti, oltre a dover pagare in unica soluzione, sarà anche obbligatorio riversare interamente l’importo del credito recuperato o constatato.
Quando la procedura produce effetti?
L’art. 9 del provvedimento disciplina gli effetti del perfezionamento della procedura di riversamento, specificando che essi si realizzano solo a seguito del pagamento integrale degli importi dovuti.
Il perfezionamento della procedura determina l’esclusione della punibilità per il reato di indebita compensazione ex art. 10-quater del D.Lgs. n. 74/2000.
Viceversa, il provvedimento precisa che, in caso di mancato perfezionamento dovuto all’assenza dei requisiti di accesso al riversamento (ad esempio, perché il credito deriva da attività fraudolente o condotte simulatorie), gli effetti del riversamento – sia tributari che penali – non si realizzano e l’ufficio può procedere al recupero degli importi dovuti a titolo di imposta, oltre interessi e sanzioni.
Invece, se la procedura non si realizza per il mancato rispetto della rateazione, fermo restando l’assenza dei benefici premiali a livello penale, l’Agenzia iscrive a ruolo gli importi residui dovuti per il riversamento, maggiorati della sanzione al 30% e degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo, ex art. 20, D.P.R. n. 602/1973.
Le zone d’ombra del provvedimento attuativo
Il provvedimento attuativo porta con sé talune criticità che potrebbero, in effetti, rendere meno appetibile l’accesso alla procedura.
Pertanto, se, da un lato, si può salutare con favore l’apertura di cui all’art. 7.4, in merito alla possibilità di trasmettere nuovamente il modello eventualmente scartato, dall’altro lato, si registrano talune rigidità che potrebbero essere foriere di difficoltà applicative.
In primo luogo, si ritiene non corretto considerare in scomputo esclusivamente le somme “già versate” a titolo di imposta, ma non quelle per sanzioni e interessi. In assenza di indicazioni nella normativa primaria, infatti, tale esclusione pare eccessiva, oltre che non coerente con la ratio della norma, rendendo immotivatamente più oneroso il riversamento per i soggetti che, prima della presentazione del modello, avessero già effettuato taluni pagamenti.
Ma la previsione senz’altro più problematica è quella che deriva dal combinato disposto degli art. 2.3 e 9.3 del provvedimento, in forza dei quali, nel caso di accertamento, successivamente alla presentazione del modello, della mancanza dei requisiti per accedere al riversamento, l’intera procedura non si perfeziona.
È il caso, ad esempio, in cui l’Ufficio, dopo la presentazione del modello di riversamento, ritenga che una o più delle spese che hanno concorso al credito di imposta non siano state effettivamente sostenute o che uno dei fornitori sia considerato dedito all’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
La previsione è senz’altro critica nella misura in cui non prevede alcun meccanismo di “remissione” o di “ripristino” della procedura di riversamento se, a seguito del giudizio, la ricostruzione del Fisco non dovesse essere confermata.
Difatti, ben potrebbe succedere che, dopo la presentazione del modello, l’Agenzia disconosca il riversamento ed emetta un atto di recupero, ritenendo il credito inesistente (e non solamente “non spettante”) e che, tuttavia, tale atto di recupero venga annullato dal giudice tributario.
Se questo fosse il caso, il contribuente dovrebbe, anzitutto, poter agire per il rimborso di sanzioni ed interessi, medio tempore accertati dall’Agenzia e che non sarebbero stati riscossi ove il contribuente fosse stato regolarmente ammesso alla procedura.
Inoltre, il disconoscimento del riversamento, ove legato alla contestazione di una condotta fraudolenta, potrebbe avere anche implicazioni penali, posto che comporterebbe il mancato riconoscimento dell’esimente dal reato di indebita compensazione previsto dalla procedura di regolarizzazione.
Da ciò consegue che, se ad esito del giudizio (tributario e/o penale), il contribuente dovesse dimostrare l’assenza di condotte fraudolente, questi potrebbe anche valutare la possibilità di agire in sede civile nei confronti dell’Amministrazione finanziaria per ottenere il risarcimento dei danni (patrimoniali e non) subiti a causa dell’erronea presa di posizione dell’Agenzia.
In questo senso, allora, pare si possa dire che sulla procedura di riversamento penda davvero una pericolosa spada di Damocle, rappresentata dal rischio di accertamento di condotte fraudolente (entro gli ordinari termini di decadenza) e senza che neppure vi siano certezze in merito alle modalità di ripristino della corretta situazione tributaria in caso di disconoscimento della posizione del Fisco.
Fonte Ipsoa
15. Bonus riqualificazione alberghi, istanze al Turismo dal 13 giugno
Le risorse messe a disposizione del beneficio fiscale saranno assegnate, come stabilito dal Dm attuativo della norma, in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande
Dalle ore 12 del 13 alle ore 12 del 16 giugno, le imprese che gestiscono strutture ricettive turistico-alberghiere e che, dal 1° gennaio 2020 al 6 novembre 2021, hanno sostenuto spese per il miglioramento delle stesse, possono inviare al ministero del Turismo le richieste di accesso al credito d’imposta introdotto nel 2014 e riproposto dal decreto “Agosto”. Considerato il breve lasso temporale e che le risorse messe a disposizione dell’agevolazione ammontano a 380 milioni di euro (180 per il 2020 e 200 per il 2021) si tratta, in sostanza, di un click day, un’occasione da non perdere. L’annuncio è sul sito dello stesso ministero, il quale ha spostato i termini di apertura della piattaforma telematica, necessaria per la presentazione delle domande, dal 9 a 13 giugno.
Un vecchio credito ancora attuale
Per comprendere di quale beneficio stiamo parlando, ricordiamo che l’articolo 79 del Dl “Agosto” ha riproposto, con qualche modifica, l’agevolazione introdotta, per gli anni 2014-2016, dall’articolo 10 del Dl n. 83/2014 e reiterata, per il biennio 2017-2018, dall’articolo 1, comma 4, della legge n. 232/2016, consistente in un credito di imposta per la riqualificazione e il miglioramento delle strutture ricettive turistico-alberghiere esistenti al 1° gennaio 2012. Si tratta, in particolare, delle strutture individuate dall’articolo 2 del decreto interministeriale del 17 marzo scorso, attuativo della norma, vale a dire:
- gli alberghi, quali strutture aperte al pubblico, a gestione unitaria, con servizi centralizzati che forniscono alloggio, eventualmente vitto e altri servizi accessori, in camere situate in uno o più edifici. Tali strutture devono essere composte da non meno di sette camere per il pernottamento degli ospiti. Sono strutture alberghiere anche i villaggi albergo, le residenze turistico-alberghiere, gli alberghi diffusi, nonché quelle individuate come tali da specifiche normative regionali
gli agriturismi che svolgono le attività definite dalla legge n. 96/2006 e da pertinenti norme regionali
gli stabilimenti termali (anche per la realizzazione di piscine) - le strutture ricettive all’aria aperta, ossia le strutture aperte al pubblico, a gestione unitaria, allestite e attrezzate su aree recintate destinate alla sosta e al soggiorno di turisti, quali i villaggi turistici, i campeggi, i campeggi nell’ambito delle attività agrituristiche, i parchi di vacanza, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di diportisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, nonché quelle individuate come tali da specifiche normative regionali.
Il bonus è riconosciuto nella misura del 65% (anziché l’originario 30%) delle spese sostenute nei due periodi di imposta successivi a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019; quindi, per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare, si tratta del 2020 e del 2021. È utilizzabile soltanto in compensazione, tramite modello F24, e non è soggetto alla ripartizione in tre quote annuali di pari importo, prevista dal comma 3 della norma che l’ha istituito. Inoltre, non concorre alla formazione né del reddito imponibile né del valore della produzione ai fini Irap e non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 (deducibilità degli interessi passivi) e 109, comma 5 (deducibilità dei componenti negativi), del Tuir.
L’agevolazione in argomento spetta in relazione alle spese sostenute entro il 6 novembre – per interventi di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, eliminazione delle barriere architettoniche, incremento dell’efficienza energetica, adozione di misure antisismiche, acquisto di mobili e componenti d’arredo, e inoltre, per i soli stabilimenti termali, per la realizzazione di piscine e l’acquisizione di attrezzature e apparecchiature necessarie per lo svolgimento delle attività termali – perché, poi, è entrato in scena il nuovo credito d’imposta previsto dall’articolo 1 del Pnrr (vedi articolo “Decreto Pnrr: bonus e contributi per le imprese del settore turistico”).
Ciascuna impresa può presentare una sola domanda di incentivo per una sola struttura recettiva oggetto di intervento. L’importo totale delle spese eleggibili, si legge all’articolo 4 del richiamato decreto interministeriale, è, in ogni caso, limitato alla somma di 307.692,30 euro per ogni struttura ricettiva, la quale, di conseguenza, potrà beneficiare di un credito d’imposta massimo complessivo pari a 200mila euro, fermi restando i limiti e le condizioni previste dal regime “de minimis” di cui al regolamento (Ue) n. 1407/2013 della Commissione europea e alla comunicazione della stessa Commissione del 19 marzo 2020, C (2020) 1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modificazioni.
Chi clicca prima è a metà dell’opera
Le risorse messe a disposizione del beneficio fiscale saranno assegnate, come stabilito dal Dm attuativo, in base all’ordine cronologico di presentazione delle domande. Ecco perché si parla di un click day.
Entro 60 giorni dal termine di presentazione delle istanze il ministero del Turismo, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti soggettivi, oggettivi e formali, comunicherà all’impresa il riconoscimento ovvero il diniego dell’agevolazione e, nel primo caso, l’importo del credito d’imposta effettivamente spettante.
Fonte Fisco oggi
16. VERSAMENTO ENTRO IL 16 GIUGNO – 13 GIUGNO 2022 ORE 06:00 – Acconto IMU 2022: quando si applicano le esenzioni per eventi sismici
Gli immobili inagibili collocati in territori colpiti da eventi sismici godono dell’esenzione dall’IMU. In particolare, il decreto Sostegni bis ha prorogato fino all’anno di imposta 2023 l’esenzione a favore dei fabbricati ubicati nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, colpiti dagli eventi sismici verificatisi nell’isola di Ischia. Proroga fino al 31 dicembre 2022, per effetto del decreto Sostegni ter, anche per l’esenzione dall’applicazione dell’imposta nei territori dei comuni di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012. Sempre fino al 31 dicembre di quest’anno, per effetto della legge di Bilancio 2022, non pagano l’IMU i fabbricati ubicati nelle zone di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessate dal sisma del 2016.
Il legislatore, in più occasioni, è intervento con la concessione dell’esenzione dall’IMU per gli immobili inagibili collocati in territori colpiti da eventi sismici. Esenzioni che, date le caratteristiche, sono poi state prorogate. Pertanto, in tutti questi casi i contribuenti non sono interessati al versamento dell’acconto IMU 2022.
Sisma 2017 isola di Ischia: proroga dell’esenzione IMU
Il decreto Sostegni bis (art. 9, comma 1-septies, D.L. n. 73/2021) stabilisce che i fabbricati ubicati nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, colpiti dagli eventi sismici verificatisi il 21 agosto 2017 nell’isola di Ischia, sono esenti dall’applicazione dell’IMU e dal tributo per i servizi indivisibili a decorrere dalla rata scadente successivamente al 21 agosto 2017 fino alla definitiva ricostruzione o agibilità dei fabbricati stessi e comunque fino all’anno di imposta 2023.
Per l’anno 2021 i soggetti beneficiari dell’esenzione IMU hanno diritto al rimborso della prima rata relativa all’anno 2021, versata entro il 16 giugno 2021.
La norma di proroga
Il decreto Sostegni bis modifica l’art. 2, comma 5-ter, D.L. n. 148/2017 il cui testo attuale dispone che “i redditi dei fabbricati ubicati nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, colpiti dagli eventi sismici verificatisi il 21 agosto 2017 nell’isola di Ischia, purché distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, comunque adottate entro il 31 dicembre 2017, in quanto inagibili totalmente o parzialmente, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società nonché ai fini del calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi e comunque fino all’anno di imposta 2019. I fabbricati di cui al primo periodo sono, altresì, esenti dall’applicazione dell’imposta municipale propria […] e dal tributo per i servizi indivisibili […], a decorrere dalla rata scadente successivamente al 21 agosto 2017 fino alla definitiva ricostruzione o agibilità dei fabbricati stessi e comunque fino all’anno di imposta 2023. Per l’anno 2021 i soggetti beneficiari dell’esenzione dall’imposta municipale propria di cui al secondo periodo hanno diritto al rimborso della prima rata dell’imposta relativa all’anno 2021, versata entro il 16 giugno 2021. Ai fini del presente comma, il contribuente può dichiarare, entro il 28 febbraio 2018, la distruzione o l’inagibilità totale o parziale del fabbricato all’autorità comunale, che nei successivi venti giorni trasmette copia dell’atto di verificazione all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente. Con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti, anche nella forma di anticipazione, i criteri e le modalità per il rimborso ai comuni interessati del minor gettito connesso all’esenzione di cui al secondo periodo”.
Il rimborso della rata IMU versata entro il 16 giugno 2021
L’esenzione dall’applicazione dell’IMU era stata prevista inizialmente fino al periodo di imposta 2018, poi prorogata fino al periodo di imposta 2020 dall’art. 32, comma 1, D.L. n. 109/2018.
Il decreto Sostegni bis ha accordato l’ulteriore proroga dell’esenzione fino al periodo imposta 2023. La legge di conversione del D.L. n. 73/2021, che ha accordato la proroga, è stata pubblicata nella G.U. n. 176 del 24 luglio 2021, quando il versamento della prima rata 2021 era già trascorso. Da qui il diritto al rimborso della prima rata dell’imposta relativa all’anno 2021, versata entro il 16 giugno 2021.
Ai fini del rimborso si applicano le disposizioni contenute nell’art. 1, comma 164, della legge n. 296/2006.
Sisma 2012 Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto: proroga dell’esenzione IMU
Il decreto Sostegni ter (art. 22-bis, D.L. n. 4/2022) proroga, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati interessati e comunque non oltre il 31 dicembre 2022, il termine per l’esenzione dall’applicazione dell’IMU nei territori dei comuni delle Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto colpiti dal sisma del 2012.
La norma di riferimento e le proroghe
La disposizione riguarda i territori dei comuni colpiti dal sisma del 2012, cioè i comuni delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto individuati ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.L. n. 74/2012 e dall’art. 67-septies, D.L. n. 83/2012, come eventualmente rideterminati dai Commissari delegati ai sensi dell’art. 2-bis, comma 43, secondo capoverso, D.L. n. 148/2017.
L’esenzione dall’applicazione dell’IMU era stata prevista inizialmente dal secondo periodo del comma 3 dell’art. 8, D.L. n. 74/2012, in base al quale i fabbricati, ubicati nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, purchè distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero , comunque adottate entro il 30 novembre 2012, in quanto inagibili totalmente o parzialmente, sono esenti dall’applicazione dell’IMU, a decorrere dall’anno 2012 e fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2018. A tal fine, il contribuente può dichiarare, entro il 30 novembre 2012, la distruzione o l’inagibilità totale o parziale del fabbricato all’autorita’ comunale, che nei successivi 20 giorni trasmette copia dell’atto di verificazione all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente. L’esenzione è stata successivamente prorogata, come da tabella che segue
Proroga | Provvedimento |
30 giugno 2015 | art. 1, comma 662, legge n. 190/2014 |
31 dicembre 2016 | art. 13, comma 4, D.L. n. 78/2015 |
31 dicembre 2017 | art. 14, comma 6-bis, D.L. n. 244/2016 |
31 dicembre 2018 | art. 1, comma 722, legge n. 205/2017 |
31 dicembre 2019 | art. 26-bis, comma 2, D.L. n. 32/2019 |
31 dicembre 2020 | art. 9-vicies quinqies, comma 1, D.L. n. 123/2019 |
31 dicembre 2021 | art. 1, comma 1116, legge n. 178/2020 |
31/dicembre/2022 | Art. 22 bis, D.L. n. 4/2022 |
I comuni interessati
Nel Dossier AS n. 2505 che accompasgna il decreto Sostegni ter è evidenziato che “i comuni interessati di Lombardia e Veneto sono elencati nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° giugno 2012, richiamato dall’articolo 1 del decreto-legge n. 74 del 2012, in cui è disciplinata la sospensione dei termini per gli adempimenti degli obblighi tributari. Tale elenco ministeriale è stato integrato dall’articolo 67-septies del decreto-legge n. 83 del 2012, a favore dei territori dei comuni di Ferrara, Mantova, nonché, ove risulti l’esistenza del nesso causale tra i danni e gli indicati eventi sismici, dei comuni di Castel d’Ario, Commessaggio, Dosolo, Pomponesco, Viadana, Adria, Bergantino, Castelnovo Bariano, Fiesso Umbertiano, Casalmaggiore, Casteldidone, Corte de’ Frati, Piadena, San Daniele Po, Robecco d’Oglio, Argenta.
Il D.M. 1° giugno 2012 elenca anche i comuni della regione Emilia-Romagna colpiti dal sisma del 2012 e interessati dall’esenzione IMU ivi prevista, il cui perimetro è stato ridotto con l’art. 2-bis, comma 43, D.L. n. 148/2017 a far data dal 2 gennaio 2019. Il perimetro dei comuni della regione Emilia-Romagna a far data dal 2 gennaio 2019 è stato delimitato ai seguenti comuni: Bastiglia, Bomporto, Bondeno, Camposanto, Carpi, Cavezzo, Cento, Concordia sulla Secchia, Crevalcore, Fabbrico, Ferrara, Finale Emilia, Galliera, Guastalla, Luzzara, Medolla, Mirandola, Novi di Modena, Pieve di Cento, Poggio Renatico, Ravarino, Reggiolo, Rolo, San Felice sul Panaro, San Giovanni in Persiceto, San Possidonio, San Prospero, Soliera, Terre del Reno, Vigarano Mainarda.
Successivamente, la legge di Bilancio 2019 (art. 1, comma 985, legge n. 145/2018) ha prorogato l’esenzione IMU per gli immobili distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, adottate entro il 30 novembre 2012, per i comuni individuati dall’art. 2-bis, comma 43, D.L. n. 148/2017. Tale ultimo comma, oltre ad aver ridotto il perimetro dei comuni dell’Emilia-Romagna colpiti dal sisma del 2012, ha previsto che i Presidenti delle regioni interessate dal sisma del 2012, in qualità di commissari delegati, possano procedere con propria ordinanza, valutato l’effettivo avanzamento dell’opera di ricostruzione, per ridurre il perimetro dei comuni interessati dalla proroga dello stato di emergenza e della relativa normativa emergenzial”.
Sisma 2016 Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria: proroga dell’esenzione IMU
L’art. 48, comma 16, D.L. n. 189/2016, come modificato dalla legge di Bilancio 2022 (art. 1, comma 456, legge n. 234/2021), stabilisce che i fabbricati ubicati nelle zone delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi nei Comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis sono esenti dall’applicazione dell’IMU e dalla TASI a decorrere dalla rata scadente il 16 dicembre 2016 e fino alla definitiva ricostruzione o agibilità dei fabbricati stessi e comunque non oltre il 31 dicembre 2022. A questi fini, il contribuente può dichiarare, entro il 31 dicembre 2018, la distruzione o l’inagibilità totale o parziale del fabbricato all’autorità comunale, che nei successivi venti giorni trasmette copia dell’atto di verificazione all’ufficio dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente.
Nel testo originario la scadenza era fissata al 31 dicembre 2020. Successivamente la legge di Bilancio 2021 (art. 1, comma 1118) ha progato i termine al 31 dicembre 2021. Infine, la legge di Bilancio 2022 ha fissato il termine al 31 dicembre 2022.
I comuni interessati
I Comuni sono indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis del D.L. n. 189/2016
Allegato n. 1 – Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016
Regione Abruzzo | Area Alto Aterno – Gran Sasso Laga: 1. Campotosto (AQ); 2. Capitignano (AQ); 3. Montereale (AQ); 4. Rocca Santa Maria (TE); 5. Valle Castellana (TE); 6. Cortino (TE); 7. Crognaleto (TE); 8. Montorio al Vomano (TE) |
Regione Lazio | Sub ambito territoriale Monti Reatini: 9. Accumoli (RI); 10. Amatrice (RI); 11. Antrodoco (RI); 12. Borbona (RI); 13. Borgo Velino (RI); 14. Castel Sant’Angelo (RI); 15. Cittareale (RI); 16. Leonessa (RI); 17. Micigliano (RI); 18. Posta (RI) |
Regione Marche | Sub ambito territoriale Ascoli Piceno-Fermo: 19. Amandola (FM); 20. Acquasanta Terme (AP); 21. Arquata del Tronto (AP); 22. Comunanza (AP); 23. Cossignano (AP); 24. Force (AP); 25. Montalto delle Marche (AP); 26. Montedinove (AP); 27. Montefortino (FM); 28. Montegallo (AP); 29. Montemonaco (AP); 30. Palmiano (AP); 31. Roccafluvione (AP); 32. Rotella (AP); 33. Venarotta (AP) |
Regione Marche | Sub ambito territoriale Nuovo Maceratese: 34. Acquacanina (MC); 35. Bolognola (MC); 36. Castelsantangelo sul Nera (MC); 37. Cessapalombo (MC); 38. Fiastra (MC); 39. Fiordimonte (MC); 40. Gualdo (MC); 41. Penna San Giovanni (MC); 42. Pievebovigliana (MC); 43. Pieve Torina (MC); 44. San Ginesio (MC); 45. Sant’Angelo in Pontano (MC); 46. Sarnano (MC); 47. Ussita (MC); 48. Visso (MC) |
Regione Umbria | Area Val Nerina: 49. Arrone (TR); 50. Cascia (PG); 51. Cerreto di Spoleto (PG); 52. Ferentillo (TR); 53. Montefranco (TR); 54. Monteleone di Spoleto (PG); 55. Norcia (PG); 56. Poggiodomo (PG); 57. Polino (TR); 58. Preci (PG); 59. Sant’Anatolia di Narco (PG); 60. Scheggino (PG); 61. Sellano (PG); 62. Vallo di Nera (PG) |
Allegato n. 2 – Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016
Regione Abruzzo | 1. Campli (TE); 2. Castelli (TE); 3. Civitella del Tronto (TE); 4. Torricella Sicura (TE); 5. Tossicia (TE); 6. Teramo |
Regione Lazio | 7. Cantalice (RI); 8. Cittaducale (RI); 9. Poggio Bustone (RI); 10. Rieti; 11. Rivodutri (RI) |
Regioni Marche | 12. Apiro (MC); 13. Appignano del Tronto (AP); 14. Ascoli Piceno; 15. Belforte del Chienti (MC); 16. Belmonte Piceno (FM); 17. Caldarola (MC); 18. Camerino (MC); 19. Camporotondo di Fiastrone (MC); 20. Castel di Lama (AP); 21. Castelraimondo (MC); 22. Castignano (AP); 23. Castorano (AP); 24. Cerreto D’esi (AN); 25. Cingoli (MC); 26. Colli del Tronto (AP); 27. Colmurano (MC); 28. Corridonia (MC); 29. Esanatoglia (MC); 30. Fabriano (AN); 31. Falerone (FM); 32. Fiuminata (MC); 33. Folignano (AP); 34. Gagliole (MC); 35. Loro Piceno (MC); 36. Macerata; 37. Maltignano (AP); 38. Massa Fermana (FM); 39. Matelica (MC); 40. Mogliano (MC); 41. Monsapietro Morico (FM); 42. Montappone (FM); 43. Monte Rinaldo (FM); 44. Monte San Martino (MC); 45. Monte Vidon Corrado (FM); 46. Montecavallo (MC); 47. Montefalcone Appennino (FM); 48. Montegiorgio (FM); 49. Monteleone (FM); 50. Montelparo (FM); 51. Muccia (MC); 52. Offida (AP); 53. Ortezzano (FM); 54. Petriolo (MC); 55. Pioraco (MC); 56. Poggio San Vicino (MC); 57. Pollenza (MC); 58. Ripe San Ginesio (MC); 59. San Severino Marche (MC); 60. Santa Vittoria in Matenano (FM); 61. Sefro (MC); 62. Serrapetrona (MC); 63. Serravalle del Chienti (MC); 64. Servigliano (FM); 65. Smerillo (FM); 66. Tolentino (MC); 67. Treia (MC); 68. Urbisaglia (MC) |
Regione Umbria | 69. Spoleto (PG) |
Allegato n. 2 bis – Elenco dei Comuni colpiti dal sisma del 18 gennaio 2017
Regione Abruzzo | 1) Barete (AQ); 2) Cagnano Amiterno (AQ); 3) Pizzoli (AQ); 4) Farindola (PE); 5) Castelcastagna (TE); 6) Colledara (TE); 7) Isola del Gran Sasso (TE); 8) Pietracamela (TE); 9) Fano Adriano (TE) |
Fonte Ipsoa
17. Export in Russia e Ucraina: dal 12 luglio finanziamenti Simest per investimenti in mercati alternativi
Simest finanzia a partire da 12 luglio PMI e Mid Cap italiane attive sul fronte dell’export in Russia e/o Bielorussia e/o Ucraina che vogliono realizzare investimenti volti all’individuazione di mercati alternativi. Tra gli investimenti finanziabili sono inclusi anche quelli produttivi, compresi quelli effettuati in Italia. La principale condizione per richiedere i finanziamenti è aver riscontrato un calo del fatturato dalle tre aree coinvolte che, al termine dell’esercizio 2022, dovrà risultare almeno pari al 20% del fatturato medio realizzato verso le tre geografie nel precedente triennio. Le domande potranno essere presentate a partire dal 12 luglio. Lo sportello chiuderà il 31 ottobre 2022.
Con la circolare n. 1/394/2022, che segue la delibera quadro del comitato agevolazioni del 28/04/2022, Simest ha stabilito le finalità e condizioni di ammissibilità all’intervento agevolativo a favore delle imprese italiane esportatrici in Ucraina, Federazione Russa o Bielorussia.
L’intervento agevolativo intende dare un sostegno delle imprese italiane (PMI e Mid Cap) con esportazioni dirette verso l’Ucraina e/o Federazione russa e/o la Bielorussia, colpite dalla crisi a seguito della crisi Russo-Ucraina, con conseguente perdita di fatturato estero nei detti Paesi, per mantenere e salvaguardare la propria competitività sui mercati internazionali.
Beneficiari
I beneficiari sono le PMI e Mid Cap (imprese non qualificabili come piccole e medie imprese, con un numero di dipendenti non superiore a 1.500 unità), costituite in forma di società di capitali, che:
– abbiano depositato presso il Registro imprese almeno tre bilanci relativi a tre esercizi completi;
– abbiano un fatturato export medio nel triennio 2019-2021 derivante da esportazioni dirette verso Ucraina, Federazione Russa e/o Bielorussia pari ad almeno il 20% rispetto al fatturato totale del triennio, come dichiarato e asseverato da un soggetto iscritto al Registro dei Revisori Contabili tenuto dal MEF;
– abbiano riscontrato un calo del fatturato dalle tre aree che, al termine dell’esercizio 2022, dovrà risultare almeno pari al 20% del fatturato medio realizzato verso le tre geografie nel precedente triennio.
Condizioni dell’intervento agevolativo
L’importo concedibile dell’intervento agevolativo è pari al 25% dei ricavi risultanti dagli ultimi due Bilanci (voce A1 del conto economico) dell’Impresa richiedente ed è compreso tra un minimo pari a euro 50.000 e un massimo, graduato in relazione alla consistenza patrimoniale, economica e finanziaria dell’Impresa. Tale importo è pari ad euro 1.500.000 per le imprese con scoring Simest pari ad A1 – A2 e scende ad 800.000 per le imprese con scoring Simest pari ad A3-A4.
L’importo dell’intervento agevolativo, nei limiti dell’importo massimo sopra indicato, è richiesto dall’impresa richiedente a titolo di finanziamento. Una quota dell’importo richiesto può essere riconosciuta a titolo di cofinanziamento, secondo termini condizioni e modalità indicate nella Circolare e comunque nei limiti dell’aiuto massimo concedibile di euro 400.000.
Misura del cofinanziamento
Il cofinanziamento può essere concesso fino al 40% dell’importo complessivo dell’intervento agevolativo, nella misura e alle condizioni stabilite con delibera del comitato agevolazioni. In ogni caso l’importo complessivo del cofinanziamento non può eccedere in alcun momento il limite massimo di aiuti di Stato, di cui alla sezione 2.1. del Temporary Crisis Framework, pari a euro 400.000 per impresa richiedente, quale impresa unica come definita dall’art. 2, Regolamento (UE) n. 1407/2013, in termini di valore nominale calcolato al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. Tale limite massimo viene verificato tenendo conto degli aiuti concessi ai sensi del Regolamento (UE) n. 1407/2013 “de minimis” non cumulabili, e di altri regimi di aiuto, sotto qualsiasi forma e da qualunque soggetto erogati, approvati dalla Commissione europea ai sensi della sezione 2.1 del Temporary Crisis Framework.
Condizioni del finanziamento
Il finanziamento ha una durata che si divide in due periodi: Periodo di preammortamento e Periodo di ammortamento:
– periodo di preammortamento: decorre dalla data di erogazione del finanziamento e termina alla fine del secondo esercizio intero successivo alla suddetta data. Gli interessi durante tale periodo sono corrisposti al tasso di riferimento in via semestrale posticipata (30 giugno e 31 dicembre di ogni anno), a partire dalla data di erogazione, fino al termine del periodo di preammortamento;
– periodo di ammortamento: 4 anni successivi al termine del periodo di preammortamento. Il rimborso avviene in 8 rate semestrali posticipate a capitale costante a Tasso Agevolato, a partire dal termine del periodo di preammortamento.
Il tasso d’interesse agevolato è pari allo 0% applicato al periodo di ammortamento subordinatamente all’esito positivo della verifica post erogazione per la conferma dell’agevolazione e del consolidamento, cioè la verifica effettuata sulle spese ammissibili rendicontate e sulla documentazione presentata.
Iter di verifica per la conferma dell’agevolazione
In fase di compilazione della domanda:
– indicare il dato relativo al fatturato estero registrato in ciascuno dei tre anni verso le tre geografie, allegando l’asseverazione da parte del soggetto revisore, ivi incluse le dichiarazioni IVA sottostanti;
– dichiarare una previsione di calo del fatturato estero a livello aggregato verso Ucraina, Federazione Russa e/o la Bielorussia che, al termine dell’esercizio 2022, dovrà essere complessivamente pari o superiore al 20% del fatturato medio estero realizzato verso tali Paesi nel triennio precedente.
Entro il 31 dicembre 2023:
– attestare, mediante dichiarazione e asseverazione da parte di un soggetto iscritto al registro dei Revisori Contabili tenuto dal MEF, di aver subito effettivamente un calo di fatturato per l’esercizio 2022 a livello aggregato verso Ucraina, Federazione Russa e/o Bielorussia di almeno il 20% rispetto al fatturato medio estero realizzato nel triennio precedente verso le medesime geografie.
Spese ammissibili
Le spese ammissibili e finanziabili sono quelle elencate di seguito:
– spese per la realizzazione di investimenti produttivi, anche in Italia, tra cui: o acquisto di macchinari, apparecchiature ad uso produttivo, impianti e beni strumentali o potenziamento /riconversione di beni produttivi e strumentali esistenti o tecnologie hardware e software e digitali in genere, incluso il potenziamento o riconversione di tecnologie esistenti;
– spese per la realizzazione di una nuova struttura commerciale, anche temporanea, o per il potenziamento di una struttura esistente in un paese estero alternativo a Ucraina, Federazione Russia e/o Bielorussia. Per struttura commerciale si intende: un ufficio, un negozio, un corner, uno showroom. È considerata ammissibile la struttura affittata/acquistata/potenziata nel periodo di realizzazione;
– spese per consulenze e studi volti all’individuazione di mercati esteri alternativi a Ucraina, Federazione Russia e/o Bielorussia o al potenziamento della presenza su mercati esteri alternativi;
– spese promozionali e per eventi internazionali in Italia e all’estero finalizzati all’individuazione di mercati esteri alternativi a Ucraina, Federazione Russia e/o Bielorussia o al potenziamento della presenza su mercati esteri alternativi;
– spese per certificazioni e/o omologazioni di prodotto, registrazione di marchi, brevetti, ecc., in mercati esteri individuati alternativi a Ucraina, Federazione Russia e/o Bielorussia;
– spese per la consulenza finalizzata alla presentazione della domanda di intervento agevolativo, per un valore corrispondente fino a un massimo del 5% dell’importo deliberato.
L’intervento agevolativo può coprire fino al 100% dell’importo delle spese ammissibili.
Modalità di presentazione delle domande
Dalle ore 09:00 del 12 luglio 2022 sarà possibile accedere al portale per la compilazione e presentazione delle richieste di finanziamento. Ciascuna impresa può presentare una sola domanda di finanziamento per tale strumento.
Per poter accedere al portale è necessario acquisire una posizione nella coda virtuale. Una volta arrivato il proprio turno, sarà possibile effettuare le attività entro una tempistica massima, trascorsa la quale sarà necessario riaccedere al meccanismo di coda.
Le richieste di finanziamento potranno essere presentate fino alle ore 18:00 del 31 ottobre 2022, salvo chiusura anticipata per esaurimento delle risorse disponibili.
In ogni caso, la presentazione della domanda non comporta il diritto alla delibera dell’intervento, che resta subordinata al completamento dell’istruttoria Simest e all’effettiva disponibilità delle risorse finanziarie.
Fonte Ipsoa
18. Riforma fiscale: come razionalizzare le sanzioni tributa
Tra i principi e criteri direttivi generali previsti dallo schema di legge delega per la riforma fiscale vi è anche un riferimento alla materia delle sanzioni tributarie. In particolare, sarebbe opportuno intervenire sulle sanzioni tributarie al fine di rendere il sistema più omogeneo e proporzionale rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali. Dal potenziamento del cumulo giuridico alla razionalizzazione delle sanzioni plurime su uno stesso fatto: cosa si può fare per rendere più efficiente l’attuale sistema sanzionatorio?
Anche la (delicata) materia delle sanzioni tributarie rientra tra i principi e criteri direttivi generali previsti dallo schema di legge delega per la riforma fiscale.
In particolare, l’art. 1, comma 1, lettera b) prevede di razionalizzare e semplificare il sistema tributario anche con riferimento alle “sanzioni amministrative, garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse, con particolare attenzione alle violazioni formali o meramente formali” (cfr. lettera g-ter).
Sanzioni sostanziali, formali e meramente formali: come si distinguono?
Le sanzioni tributarie possono essere distinte in tre categorie (cfr., tra le tante, Cass., 5 gennaio 2022, n. 141; Cass., 10 giugno 2021, n. 16450):
– violazioni sostanziali: sono quelle che incidono sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento;
– violazioni formali: sono quelle che pregiudicano l’esercizio delle azioni di controllo pur non incidendo sulla base imponibile, sull’imposta o sul versamento;
– violazioni meramente formali: sono quelle che non influiscono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, né arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo.
La stessa giurisprudenza ha, inoltre, precisato, ai fini della concreta distinzione tra diverse ipotesi, che tra violazioni formali e violazioni meramente formali la valutazione “deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento” (Cass. 17 dicembre 2020, n. 28938) e, dunque, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato alla fattispecie giuridica cui va ricondotta la specifica trasgressione.
Viceversa, per distinguere tra violazioni formali e sostanziali “è necessario accertare in concreto se la condotta abbia cagionato un danno erariale, incidendo sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o del versamento del tributo” (Cass., 10 giugno 2021, n. 16450).
Il nostro sistema punitivo di carattere amministrativo, dopo la riforma del 1997, ha subito numerosi interventi legislativi che ne hanno senza dubbio migliorato l’assetto, soprattutto nel cercare di invogliare il contribuente a concludere accordi transattivi con l’Amministrazione finanziaria, utilizzando i diversi istituti a tal fine predisposti (acquiescenza all’accertamento, accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, definizione agevolata e così via), i quali prevedono, in linea di massima, una riduzione delle sanzioni applicabili o applicate.
Cosa può essere fatto per rendere ancora più efficiente il nostro sistema sanzionatorio?
Violazioni continuate
L’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997 – che, in presenza di plurime violazioni, anche relative a più esercizi e anche se concernenti più tributi, prevede l’applicazione di una sanzione unica (cumulo giuridico) ove più conveniente rispetto al cumulo materiale (somma delle sanzioni applicabili alle diverse violazioni) – andrebbe potenziato e, soprattutto, andrebbero eliminate quelle disposizioni che ne limitano fortemente l’utilizzo.
Ravvedimento operoso
In primo luogo, secondo un consolidato orientamento interpretativo dell’Agenzia delle Entrate, l’art. 12 non è utilizzabile in sede di ravvedimento, in quanto può essere applicato soltanto dall’Ufficio (cfr. principio di diritto 11 novembre 2019, n. 23 e C.M. n. 180/E del 10 luglio 1998, sub art. 13).
In realtà, non sembrano vi siano impedimenti all’applicazione diretta dell’istituto, considerato che l’art. 12 prevede, in caso di plurime violazioni, aumenti di sanzione in misura fissa o comprese tra un minimo e un massimo e la riduzione delle sanzioni in caso di ravvedimento è sempre commisurata alla sanzione minima edittale.
Pertanto, per il contribuente sarebbe semplice calcolare la sanzione unica (cumulo giuridico) in base alle violazioni che intenda sanare, partendo dalla sanzione di base minima e calcolando gli aumenti sempre nella misura minima.
Accertamento con adesione e conciliazione giudiziale
Nei casi di accertamento con adesione, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica, in caso di progressione, si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta. In questo modo, il ricorso all’art. 12 risulta molto più penalizzante rispetto alla previsione normativa di base, senza che siano immediato coglierne il senso. Analoga disposizione è prevista per la mediazione tributaria e la conciliazione giudiziale.
Si tratta di limiti che, quindi, vanno rimossi per rendere il sistema, come prevede lo schema di legge delega, più razionale e semplice, “garantendone la gradualità e proporzionalità rispetto alla gravità delle violazioni commesse”.
Violazioni senza danno
Dovrebbe essere codificato il principio per cui si ricade nell’ambito di violazioni formali, per le quali è prevista una sanzione fissa e non proporzionale, in tutti i casi in cui la violazione non pregiudica, con giudizio ex post, la liquidazione e il versamento del tributo all’Erario.
Sono tanti i casi, infatti, in cui viene contestata a un contribuente una violazione sostanziale (ad esempio, indebita detrazione o deduzione) anche se viene accertato che il tributo è comunque confluito nelle casse dello Stato perché, ad esempio, versato, in via definitiva, da altro soggetto.
Andrebbe quindi esteso a tutti i casi di specie il principio contenuto nell’art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/1997, che, in caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, riconosce il diritto del cessionario o committente alla detrazione e prevede una sanzione fissa (compresa fra 250 euro e 10.000 euro) in luogo di quella del 90% dell’imposta indebitamente detratta.
Su tale disposizione, peraltro, sono recentemente intervenute la giurisprudenza e l’Agenzia delle Entrate che ne hanno fortemente limitato l’ambito applicativo.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, la norma in parola può essere applicata soltanto quando un’operazione viene assoggettata a un’aliquota superiore rispetto a quella prevista dalla legge (ad esempio, 22% anziché 10%) e non all’ipotesi in cui per operazioni non imponibili o esenti venga erroneamente applicata l’imposta (Cass., 3 novembre 2020, n. 24289).
A tale pronuncia si è poi conformata l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 3 agosto 2021, n. 52/E. Cosicché se un contribuente applica erroneamente l’IVA su un’operazione non imponibile o esente, pur se venisse accertato che non vi è stato alcun danno per l’Erario (in quanto il cedente ha versato l’IVA che il cessionario ha detratto e non vi sono stati effetti sul regime delle detrazioni), l’acquirente è soggetto alla sanzione pari al 90% dell’imposta indebitamente detratta.
Plurime sanzioni su uno stesso fatto
Dovrebbero essere riviste, razionalizzandole, alcune fattispecie sanzionatorie che, di fatto, prevedono plurime sanzioni per la medesima violazione.
Si fa riferimento, in primo luogo, al combinato disposto degli articoli 5, comma 4, e 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/1997, che sanzionano, rispettivamente, la dichiarazione infedele e la indebita detrazione.
In pratica, accade che ove venga contestato al soggetto di aver indebitamente detratto l’IVA relativa all’acquisto di beni o servizi (ad esempio, per non inerenza dell’operazione) l’Ufficio applica (legittimamente) due sanzioni:
– la prima, quella prevista dall’art. 6, comma 6 (indebita detrazione);
– la seconda, per la conseguente dichiarazione infedele.
Un secondo esempio è quello della mancata effettuazione di ritenute alla fonte, cui consegue (inevitabilmente) l’omesso versamento. Infatti, ove il sostituto non abbia operato, né versato, in tutto o in parte, le ritenute, oltre alla sanzione per mancata effettuazione delle ritenute (art. 14, D.Lgs. n. 471/1997), troverà applicazione anche quella per l’omesso versamento delle ritenute non operate (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997) – cfr. risposta a interpello 25 giugno 2021, n. 449).
In altre parole, quando si tratta di uno stesso fatto che comporta “inevitabilmente” una plurima violazione dovrebbe essere previsto che la violazione principale assorbe l’altra (come, peraltro, dopo alcuni anni, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto nell’ipotesi di dichiarazione omessa o infedele e omesso versamento dell’imposta non dichiarata).
Misura degli interessi
Pur non attenendo strettamente alla materia delle sanzioni tributarie andrebbe rivisto anche il regime degli interessi fiscali, da anni sbilanciato e sproporzionato rispetto all’andamento del mercato finanziario.
Non si capiscono le ragioni per cui gli interessi fiscali devono essere di gran lunga più alti dell’interesse legale, che peraltro trova riconoscimento caso di ravvedimento operoso.
Il contribuente che regolarizza spontaneamente le violazioni commesse deve essere premiato con una (congrua) riduzione delle sanzioni; ma non si comprendono le ragioni per le quali sia prevista l’applicazione di un tasso di interesse di gran lunga inferiore rispetto a quello che viene applicato in caso di accertamento.
Fonte Ipsoa
19. Nuovo Patent box negato solo se la documentazione idonea manca o è falsa
In coerenza con le precisazioni fornite dell’Amministrazione finanziaria con la circolare n. 28/E del 2020, Assonime ribadisce l’importanza che gli uffici, in sede di controllo e verifica ai fini del riconoscimento del nuovo regime di Patent box, applichino in modo rigoroso le indicazioni ivi fornite: il disconoscimento dell’agevolazione deve essere riservato alle sole ipotesi in cui i contribuenti non documentino affatto ovvero presentino falsa documentazione e, quindi, adottino in concreto comportamenti tali da impedire “a monte” qualsiasi possibilità agli uffici di riscontrare in modo obiettivo la corretta determinazione della maggiorazione del 110%.
Il decreto Fisco-Lavoro (art. 6, D.L. n. 146/2021) ha abrogato la previgente disciplina di Patent box ed ha introdotto un nuovo regime opzionale, quinquennale e rinnovabile, rilevante ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, consistente in una “superdeduzione” dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti in relazione a taluni beni immateriali.
Successivamente, la legge di Bilancio 2022 (art. 1, comma 10, legge n. 234/2021) ha modificato l’art. 6 introducendo importanti novità. Tale articolo aveva demandato a un successivo provvedimento dell’Agenzia delle Entrate sia la definizione delle modalità di esercizio dell’opzione per il nuovo regime agevolativo (comma 3) sia, più in generale, la relativa disciplina attuativa di dettaglio (comma 7).
Con provvedimento del 15 febbraio 2022 (prot. n. 48243/2022), infine, l’Agenzia delle Entrate ha completato il quadro normativo di riferimento con le relative disposizioni attuative di dettaglio riguardanti, tra l’altro, la regolamentazione della documentazione “idonea” per fruire della c.d. penalty protection.
Nella circolare n. 19/2022 – Dal Patent box alla “maggiorazione del 110%” – Assonime esamina con occhio critico i tratti salienti della nuova disciplina, analizzando le novità della legge di Bilancio 2022 che interessano l’agevolazione e dando conto anche dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con il provvedimento del 15 febbraio. L’Associazione evidenzia alcune residuali problematiche interpretative di questo nuovo regime agevolativo che prevede siano oggetto di ulteriori chiarimenti in una circolare dell’Agenzia di prossima emanazione.
La documentazione idonea per la penalty protection
Ai sensi dell’art. 6, comma 6, D.L. n. 146/2021, i contribuenti che intendono beneficiare della maggiorazione del 110% “possono indicare le informazioni necessarie alla determinazione della predetta maggiorazione mediante idonea documentazione predisposta secondo quanto previsto da un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. In caso di rettifica della maggiorazione determinata dai soggetti di cui ai commi 1 e 2, da cui derivi una maggiore imposta o una differenza del credito, la sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, non si applica qualora, nel corso di accessi, ispezioni, verifiche o altra attività istruttoria, il contribuente consegni all’Amministrazione finanziaria la documentazione indicata nel medesimo provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate idonea a consentire il riscontro della corretta maggiorazione. Il contribuente che detiene la documentazione prevista dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate ne dà comunicazione all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione relativa al periodo di imposta per il quale beneficia dell’agevolazione. In assenza della comunicazione attestante il possesso della documentazione idonea, in caso di rettifica della maggiorazione, si applica la sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.
Su tale punto è intervenuto il provvedimento del 15 febbraio, che ha regolamentato nel dettaglio la procedura stabilendo al punto 11.4 che “la totale assenza di documentazione comporta il recupero integrale dell’agevolazione, con conseguente applicazione degli interessi e irrogazione di sanzioni”.
Da un lato quindi la norma conferisce espressamente la “facoltà” al contribuente di avvalersi o meno della disciplina di penalty protection e configura l’adempimento dei predetti oneri documentali come meramente strumentale all’ottenimento della disapplicazione delle sanzioni in caso di rettifica, totale o parziale, della maggiorazione da parte degli uffici dall’altro il provvedimento sembra cambiare impostazione e configura l’adempimento dei già citati oneri documentali come condizione necessaria per la fruizione dell’agevolazione.
Quando viene disconosciuta l’agevolazione?
Per dirimere la questione, Assonime evidenzia che la nuova disciplina si rifà, per molti aspetti, alla disciplina di penalty protection già introdotta, a seguito del D.L. n. 34/2019 (decreto Crescita) nell’ambito del precedente regime di Patent box (cfr. provvedimento 30 luglio 2019, prot. n. 658445/2019).
Già in passato erano emerse le medesime criticità evidenziate dall’Associazione nella circolare n. 1 del 2020. Successivamente alle critiche sollevate da Assonime era intervenuta l’Agenzia delle Entrate con una circolare (la n. 28/E del 2020, par. 9.2) in cui aveva chiarito che essa “si riferisce al caso in cui il contribuente non documenti affatto la spettanza dell’agevolazione, ovvero non disponga dei documenti a supporto dei dati contabili ed extracontabili e delle informazioni riportate nelle schede, negli elenchi, nelle note descrittive di cui si sostanziano le sezioni A e B e che, in ultima analisi, giustifichino la liquidazione del beneficio economico indicato in dichiarazione”.
Come evidenziato da Assonime, nella prospettiva dell’Agenzia, quindi, il recupero integrale dell’agevolazione, con irrogazione di sanzioni e interessi si verifica qualora i documenti giustificativi non vengano forniti o risultino totalmente non rispondenti al vero, nonché qualora tali documenti, solo in parte non veritieri, comunque compromettano la qualità delle analisi e delle attività di riscontro in sede di controllo.
L’Associazione auspica quindi che le predette precisazioni dell’Amministrazione finanziaria siano applicate dagli Uffici, in sede di controllo e verifica, e che venga riservato il disconoscimento dell’agevolazione alle sole ipotesi in cui i contribuenti non documentino affatto ovvero presentino falsa documentazione e, quindi, adottino in concreto comportamenti tali da impedire “a monte” qualsiasi possibilità agli Uffici di riscontrare in modo obbiettivo la corretta determinazione della maggiorazione del 110%.
Fonte ipsoa
Dott. Alfredo Castiglione – Tributarista – Revisore Legale
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