L’INTERVISTA SU “IL SOLE 24 ORE” AD ADOLFO URSO – Ministro delle imprese e del made in Italy
«TRA RISORSE DEL NUOVO PNRR E LEGGE DI BILANCIO IN CAMPO 15 MILIARDI PER LA CRESCITA DELLE IMPRESE. OGGI SPIEGHEREMO AI SINDACATI CHE L’EX ILVA NON CHIUDE»
«Investimenti 5.0 incentivati fino al 40% Riparte l’ecobonus auto»
Tra le risorse che mettiamo in campo e la riduzione del tasso di interesse che si prospetta pensiamo che nei prossimi due anni possa concretizzarsi una ripresa significativa degli investimenti, avvantaggiati anche dalle riforme significative che abbiamo realizzato, per esempio la fast track per gli investitori stranieri.
Il ministro delle Imprese e del made in Italy dissente dalla lettura di una legge di bilancio avara per le imprese e preannuncia in questa intervista i dettagli del piano Transizione 5.0 e della nuova tornata degli eco-bonus per le auto che andranno da 1.500 a 11mila euro (13.750 euro per le famiglie con Isee sotto 30mila euro).
Ministro, in attesa dei nuovi crediti d’imposta c’è il rischio che le aziende sospendano gli investimenti in innovazione digitale. Quando partiranno?
Inseriremo il nuovo piano nel decreto Pnrr di gennaio. Si tratta di un cambiamento di paradigma, che supera la logica del mero acquisto di macchinari e premia un processo di efficientamento energetico, integrando la transizione digitale con quella green. Gli incentivi 4.0 resteranno in vigore ma per gli investitori che saranno in grado di certificare anche un determinato risparmio energetico, almeno del 3% a livello di impresa o del 5% per il processo produttivo interessato, ci sarà il passaggio ad aliquote più generose in base al livello di efficienza. Fino al 40%, il doppio dell’attuale incentivo. E con un limite agli investimenti agevolabili che portiamo da 20 a 50 milioni. Riammettiamo, entro il 10% dell’investimento agevolabile, anche le spese per la formazione, perché oltre alle macchine serve chi è in grado di farle funzionare. Ci tengo inoltre a sottolineare che punteremo per quanto possibile a privilegiare al massimo la tecnologia europea e quindi nazionale.
Siete certi che si possa fare rispettando i criteri di concorrenza Ue?
Sì, perché quello che intendiamo fare è sfruttare la norma appena inserita nel decreto energia in base alla quale l’Enea realizzerà un registro con tre classi di prestazione energetica degli impianti fotovoltaici. Il piano Transizione 5.0 si limiterà a premiare con maggiore intensità gli investimenti su impianti della prima classe, in cui si concentrano soprattutto l’offerta di produttori europei e italiani tra questi, penso ad esempio alla tecnologia sviluppata dall’Enel a Catania. Dobbiamo sviluppare la nostra filiera nazionale.
Resta però la sensazione che senza le risorse europee non ci sarebbe stato uno scatto in avanti per l’industria.
Non sono d’accordo. Certo il nuovo Pnrr, grazie al capitolo RepowerEu, che abbiamo fortemente voluto, è fondamentale. Ci siamo battuti per mesi tra lo scetticismo di molti e ci siamo riusciti. Risorse che si sommano ad altre, comunque significative, contenute nella manovra. Vorrei ricapitolare. Dai fondi Ue arrivano complessivamente 9,2 miliardi complessivi per le nostre misure, di cui per il 2024 e 2025 6,3 miliardi per il piano 5.0 che si sommano a 6,4 miliardi già stanziati da precedenti leggi di bilancio per Transizione 4.0. Nella nuova manovra, fatta dal nostro governo, ci sono anche 1 miliardo per i contratti di sviluppo che diventano 3,5 se consideriamo anche le risorse europee, 1 miliardo in più per i progetti di innovazione Ipcei, 1 miliardo aggiuntivo per il fondo microelettronica, 330 milioni per il Fondo crescita sostenibile che finanzierà i collegati alla manovra su spazio, tecnologie di frontiera e economia del mare, e 150 milioni per la Nuova Sabatini. Sommando 1,8 miliardi per il credito di imposta nella Zes unica del Sud arriviamo a quasi 15 miliardi di risorse nuove tra Pnrr e manovra.
A proposito di risorse, quando sbloccherete i fondi già presenti nel bilancio per il settore automotive?
Proprio in questa settimana abbiamo cinque tavoli tecnici di settore perché vogliamo confrontarci con gli attori, imprese e sindacati, per arrivare a un accordo di sviluppo complessivo sull’auto. Con due obiettivi: il primo è migliorare il parco auto che è il più vecchio d’Europa, con 11 milioni di vetture Euro 0, 1, 2 e 3 che vanno rottamate consentendo alle famiglie che le possiedono, che sono per lo più non benestanti, di accedere ai modelli meno inquinanti. Il secondo obiettivo è aumentare la produzione italiana e siamo sulla buona strada con Stellantis per definire l’obiettivo di 1 milione di unità in Italia, tra auto e veicoli commerciali. Noi vorremmo raggiungere il target già entro il 2028 e lavoriamo per un’ulteriore fetta di 300-400 mila vetture che potrebbero produrre nel nostro Paese altre case automobilistiche.
Come cambierete l’ecobonus?
Pensiamo di poter essere pronti con il Dpcm entro gennaio. Il Fondo automotive ha una disponibilità totale di 6 miliardi fino al 2030: per il prossimo anno potremo utilizzare 610 milioni cui aggiungere 320 milioni di avanzi arrivando quindi quasi a 1 miliardo. Il nuovo ecobonus premierà in misura crescente l’acquisto delle vetture dalla fascia 61-135 grammi di CO2 per chilometro alle meno inquinanti, elettriche e ibride plug-in, prevedendo maggiorazioni per chi rottama vetture più vecchie, a partire dalle Euro 0 e Euro 1, fino a un massimo di 11mila euro.
Confermiamo la maggiorazione per le famiglie con Isee sotto i 30mila euro e riapriamo anche alle persone giuridiche, incluse le società di noleggio. La modulazione dei tetti di prezzo infine ci garantirà di sostenere in particolare la produzione italiana. Ricordo che nel 2022 solo il 19-20% degli incentivi è andato a modelli prodotti in Italia e se nemmeno i nuovi bonus invertiranno la tendenza dovremo penderne atto e spostare più risorse sul lato dell’offerta, cioè sul piano degli investimenti produttivi.
Sono giorni decisivi per l’ex Ilva. Il Sole 24 Ore ha riferito di un vertice a Palazzo Chigi che ha preso atto del mancato accordo con Mittal sulla ricapitalizzazione dell’ex Ilva. Che farà ora il governo?
Domani (oggi, ndr) ci confronteremo con i sindacati a Palazzo Chigi a cui assicureremo la continuità produttiva degli stabilimenti. Stiamo predisponendo il piano nazionale siderurgico, che avrà quattro poli produttivi: le acciaierie del Nord, il polo di Terni, con l’accordo di programma che sigleremo in gennaio, il Polo di Piombino, per il quale siamo nelle ore decisive, e gli impianti dell’ex Ilva che riteniamo assolutamente strategici. Il 2024 sarà l’anno della siderurgia italiana.
La gigafactory di Intel per i semiconduttori sembra ormai sfumata, riuscirete a coinvolgere la multinazionale americana su altri progetti?
Sulla microelettronica in questi mesi abbiamo costruito un piano solido che può fare affidamento anche su un Fondo pluriennale dedicato con oltre 4 miliardi di risorse. Abbiamo appena costituito la Fondazione Chips.it, con sede a Pavia, dove investirà anche Intel insieme ad altre multinazionali. Partecipiamo alle call europee per le linee pilota su elettronica di potenza con un progetto del valore di 400 milioni di euro che prevede la partecipazione di 11 multinazionali, che può portare a Catania 220 milioni. E con il Dl Asset abbiamo introdotto un credito d’imposta ricerca e sviluppo per il settore. Al momento la fabbrica sembra posticipata nei loro piani di sviluppo, ma sono state create le condizioni per attrarre investimenti e quando Intel deciderà noi saremo pronti. Nel frattempo stiamo lavorando per attrarre altre multinazionali e la scorsa settimana, durante il mio viaggio in Giappone, ho firmato una dichiarazione congiunta con il ministro dell’Economia, del commercio e dell’industria Yasutoshi Nishimura per collaborare sui semiconduttori.
Si sono perse le tracce del pacchetto di misure del governo a sostegno delle tlc. Sarà recuperato?
Alcune cose le abbiamo già fatte, non affatto banali, come la revisione dei limiti per gli impianti elettromagnetici per accelerare gli investimenti. È una fase di grande dinamismo per il mercato: l’operazione Kkr-Mef sulla rete Tim è ormai avviata sulla giusta strada e ci sono possibili consolidamenti in vista come quello tra Iliad e Vodafone che possono portare il settore verso una maggiore razionalizzazione. Faremo quello che serve per supportare gli investimenti ma non è certo opportuno farlo mentre il mercato si sta muovendo.
Nel 2023 Il governo Meloni ha sfornato numerosi decreti legge e Ddl governativi, tra le proteste dell’opposizione per un’attività dei parlamentari ridotta al minimo. Questa tendenza proseguirà nel 2024?
Questa produzione normativa testimonia semplicemente che il nostro governo, a differenza di altri estemporanei, ha una visione strategica per il Paese e la sta mettendo in atto, con le riforme necessarie in Italia e aggiungo anche in Europa. Per quanto riguarda il mio ministero, per il 2024 oltre ai collegati alla manovra lavoriamo alla nuova legge annuale per la concorrenza, alla legge annuale per le Pmi e al disegno di legge per il riassetto della rete dei carburanti. Provvedimenti che si aggiungeranno a quelli realizzati nel 2023: siamo partiti con i decreti Ilva e Isab-Priolo, poi con il decreto trasparenza, quello sugli asset strategici, la riforma degli incentivi e in queste ore il Parlamento sta approvando la legge concorrenza e il Ddl made in Italy, con in mezzo molti altri provvedimenti di sostegno alla competitività, compresa la riforma dei taxi che il paese attendeva da 12 anni e la norma sulle assicurazioni obbligatorie per le calamità naturali: una rivoluzione. Abbiamo un progetto che stiamo realizzando e la produzione di provvedimenti di legge ne è solo una conseguenza.
Fonte IL SOLE 24 ORE
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